di Eddy Anselmi
Le Monnier, 2016
pp. 438
€ 18
Bianca, rosa e nera è un volume di Le Monnier, nella collana Università. L’autore, il giornalista e storico Eddy Anselmi, colleziona per il lettore alcuni episodi della cronaca degli ultimi 114 anni (il primo è datato 1902), selezionando quelli che hanno fatto la storia del giornalismo italiano.
La selezione non avviene in base a un criterio di importanza (del resto una graduatoria del genere sarebbe sicuramente viziata da un certo margine di approssimazione). Sono invece scelti gli episodi che possono mostrare il metodo e l’evoluzione del racconto mediatico degli eventi. Agli altri, che pure “hanno fatto la storia”, viene fatto un cenno nei capitoli denominati “intermezzo”, che precedono ognuno dei periodi in cui il volume è suddiviso.
Come il titolo suggerisce, le cronache che compongono il libro fanno capo ai tre settori della nera, della rosa e (in minor misura) della bianca. Non è un libro di storia, piuttosto un manuale sul rapporto tra notizia-contesto-trattamento mediatico.
Ad esempio, quando si parla della morte di Pasolini, non viene raccontato tanto l’andamento delle indagini, quanto il modo in cui i giornali si sono suddivisi tra un tono scandalistico/morboso e piglio moralizzatore.
Allo stesso modo nell’episodio di Alfredo Rampi, il bambino caduto nel pozzo e morto in diretta televisiva, il risalto maggiore viene dato all’ossessione mediatica per la storia, al suo modo di seguirla live, se vogliamo inaugurando un certo tipo di giornalismo tv. Il metodo è interessante, ma un giudizio sul libro di questo tipo non può prescindere dall’utilità che si propone di fornire.
Come lettura orizzontale, il libro non funziona. Troppi episodi condensati in un solo volume non danno al lettore l’opportunità di capire come si sia evoluta la narrazione mediatica nel tempo.
Riesco a immaginare una lettura episodica, nel senso che ogni singolo capitoletto può essere il punto di partenza per approfondire un singolo fatto.
Restano però altri due limiti: il primo è costituito dallo stile, a volte ridondante e un po’ desueto, inadatto a un manualetto (e non privo di refusi, errori grammaticali e terminologici). In secondo luogo mancano le immagini. Un lettore di oggi, e lo dico da giornalista, è abituato a comprendere la notizia guardando la pagina (cartacea o online) su cui appare (per non dire dei casi in cui la apprende dalla tv).
L’impaginazione rivela moltissimo, perché la grandezza del titolo o la posizione dell’articolo danno un’idea immediata di quanto risalto si voglia dare a un fatto (e nei giornali di sessant’anni fa, con le colonne irregolari, i titoli stesi sulla pagina, questo era ancora più importante). Tra le parti più difficili ci sono i capitoli dedicati alla Grande Guerra: ci sono forse una quarantina di descrizioni delle illustrazioni del Corriere dedicate ai soldati al fronte, alla presenza o meno nelle vignette di Mussolini, del re. Molte parole, peccato che nemmeno una di queste illustrazioni si veda. Probabilmente per includere le immagini sarebbe stato necessario scremare la selezione dei fatti, suddividere in più volumi il lungo periodo raccontato: sicuramente la lettura ne avrebbe guadagnato in chiarezza, interesse, utilità.
I capitoli “intermezzo”, poi, non li ho capiti: servono da raccordo? Ma non è un libro costruito da episodi per loro natura discontinui? In definitiva aggiungono solo pezzi a un puzzle già difficile da ricomporre, e considerata la lettura “a saltelli” che suggerivo, mi sembrano anche abbastanza superflui.