Lo Zahir
Coelho Paulo
Bompiani, Milano 2005
Che fosse un best seller prima ancora di essere pubblicato, si sapeva... Si sapeva anche che alla tematica amorosa lo scrittore brasiliano avrebbe unito quella saggezza liricheggiante sulla ricerca di sé, di una realtà Altra a cui credere. Insospettabile, invece, era lo stile diverso, meno diretto e più intimistico, ben calibrato con l'io narrante.
Se Coehlo cala la maschera nelle prime pagine per una breve biografia del personaggio, è solo perchè ha alle spalle il successo già conseguito: molte delle sue affermazioni iniziali sembrano eccessive, ciniche, disilluse. Forse troppo, per uno scrittore ai primi posti delle vendite. Invece, è proprio questa prima parte a proiettare il lettore nel dramma personale dell'personaggio-autore, smontando ad uno ad uno i luoghi comuni: la relazione successo-fama-denaro-felicità-realizzazione non è per niente scontata. Basta l'allontanamento della moglie per mettere in luce mille sfaccettature di una relazione apatica, impregnata di quella quotidianità che ha portato la donna a cercare sé stessa altrove; in particolare, come giornalista inviata sul campo di battaglia.
Lo sviluppo iniziale della vicenda sembra classico: la moglie se ne va, lo scrittore pieno di successo entra in crisi. E' qui che comincia la ricerca di sua moglie, vera e propria ossessione (Zahir, appunto, termine ripreso da un racconto di Borges, definisce questo stato di attaccamento).
Sarà l'incontro con uno strano gruppo di persone, credenti e affermati sostenitori dell'Energia dell'Amore, a rivelare al protagonista l'essenza della sua ricerca: se stesso. Solo così potrà andare incontro al suo destino.
La storia è costellata di personaggi minori che agiscono e creano un bel teatro alle spalle del protagonista. Non altrettanto accurata definirei lo spazio all'azione, qua e là un po' troppo irreale per portare il lettore ad immedesimarsi.
Personalmente, il filone intimistico sulla forza dell'Amore come divinità m'è parso eccessivamente strampalato e retorico, basato su una forte presunzione dello scrittore. Lo stile è piacevole, con frasi ben incastrate e niente sembra casuale - caratteristica propria degli autori attenti. Da rilevare, alcune significative interpretazioni sul ruolo degli scrittori e la difficoltà del comporre, oggigiorno. Nonostante si tratti si una lettura piacevole, non me la sento di consigliarla vivamente. Se capita in mano o davanti agli occhi, ben venga, ma senza particolare entusiasmo.
Gloria M. Ghioni