di Margaret Mazzantini
1998, Oscar Mondadori
Collana: Oscar bestsellers
pagg. 249
€7,80
Stordisce. Ecco la prima caratteristica di questa pièce teatrale della Mazzantini: a cominciare dalla struttura dell'opera, ma soprattutto i personaggi sono quantomeno insoliti. La vicenda vede, infatti, protagoniste due gemelle, Ortensia e Anemone. La prima pessimista, tetra, malinconica, sadica e masochista assieme, almeno quanto l'altra è vitale, esuberante, esagerata, bella e orgogliosa di sé. Di primo acchito, le due ragazze sembrerebbero due opposti, conciliati dalla semplice scelta di raccontarsi - una all'insaputa dall'altra - a una fantomatica Manola, ascoltatrice silenziosa. Forse troppo silenziosa.
Così, attraverso improponibili e rocamboleschi racconti, al limite della fantasia, la storia si dipana e tocca la vita di entrambe le gemelle. Personaggi minori allietano la trama visionaria, a metà tra follia e fantasia di bambine represse in tenera età. La situazione, apparentemente in stallo fin dall'inizio, si evolve con un paio di considerevoli sorprese, decisamente inimmaginabili.
Qua e là ci sono buoni spunti per riflessioni che vanno oltre la primissima impressione - assolutamente disarmante - e offrono motivi per rileggere una frase, un pensiero. Ricordo, a tal proposito, una scena di stazione, presentata a pag. 239 (corrente edizione):
Mi fanno sempre impressione gli addii, quando il nulla, un grigio scorcio di città, anonimi binari di ferro, s'inghiottono la famigliarità d'un volto, il profumo d'una persona cara.Mi era rimasta addosso una strana malinconia. Mi sono stretta al mio corpo solitario e, passo dopo passo, diventavo sempre più triste. Sapevo il motivo di quella tristezza. Avevo voglia d'amore anch'io, di carezze furtive, di un cuore in subbuglio. Era ormai il tramonto. Gli umani che camminavano sul mio stesso marciapiede andavano tutti di prescia. Molto di loro, forse, correvano verso un amore, verso braccia protese nella notte. Due innamorati, stretti l'uno all'altro, mi sono passati accanto senza vedermi. Avrei voluto seguirli come facevo da bambina con i clienti (i genitori avevano un albergo sgangerato, n.d.r.) , e chiedergli di tenermi un po' con loro, sotto il cappotto. Ma nel loro mondo non c'era posto per me. Ho stretto i pugni nelle tasche per farmi un po' di coraggio.
Lo stile, assolutamente piacevolissimo, ottempera un po' la stranezza del caso, spesso ignaro del reale e del plausibile, se non altro. Una lettura che, in ogni caso, viene ricordata per questo o rimossa per incapacità di accettare la fantasia di una ottima scrittrice. Da leggere, solo per volare oltre la realtà, rischiando di perdersi.
Gloria M. Ghioni