"Eutanasia della critica"
Mario Lavagetto
Einaudi, Torino 2005
Pagg. 96 € 7,00
Basta accostarsi al breve intervento di Lavagetto e sfogliarlo per accorgersi che in queste novantasei pagine si trova ben più di un semplice pamphlet: accanto a tematiche attuali, trovano notevole spazio riflessioni circa la storia della critica letteraria e, soprattutto, il futuro che l'attende. Per quanto riguarda le problematiche più contingenti, Lavagetto discute la tendenza degli ultimi anni ad allegare libri alla vendita dei quotidiani o dei periodici in Italia. Se dal lato ottimistico questo potrebbe rappresentare un incentivo alla lettura, dall'altro potrebbe portare con sé preoccupanti ripercussioni editoriali, come la mancanza di fondi per ri-traduzioni o per nuove edizioni con apparato critico. Accanto alla vena economico-commerciale - importante ma senz'altro non preponderante -, l'autore traccia una panoramica accurata sul passato della critica letteraria, soffermandosi sull'approccio accademico e sugli estremismi esegetici della "critica tematica", o ancora sulla volontà di trasformare una disciplina ermeneutica in scientifica.
Troviamo qui riflessioni accurate e ragionate sulla proliferazione di saggi criptici e inaccessibili che hanno ristretto la cerchia - peraltro già limitata - dei destinatari, ma anche analisi accese e sconfortanti sulla cosiddetta "critica comparatistica", fino a respirare un clima che rasenta un catastrofico suicidio dell'esegesi. È infatti la produzione saggistica fine a se stessa, ecolalica ed eccessivamente specialistica, ad aver portato all'attuale agonia, secondo una tesi ben condivisibile. Questa prima parte accorata appare estremamente funzionale all'ultima sezione, caratterizzata da una vena propositiva che vede Lavagetto esporsi maggiormente. Tutte le considerazioni precedenti, infatti, convergono verso una speranza realizzabile: tornare ad ascoltare i testi, cercando di leggere ciò che v'è sotteso. Solo questa, infatti, è la via per riscoprire il valore esistenziale e valoriale della letteratura. Si ricordi, infatti, che
"i grandi testi non vengono uccisi dall'ermeneutica, se mai ne sono arricchiti e amplificati" (ibidem, pag. 20).
Se già queste tematiche (decisamente interessanti per il grande pubblico dei lettori e non solo per gli addetti ai lavori), la posizione militante di Lavagetto, la reputazione dell'editore sono un buon motivo per una lettura dell'opera, un fattore ben più convincente è lo stile accattivante, che affianca un lessico metaforico e ironico ad uno più specifico e accurato. Inoltre, le considerazioni sono intessute con ricche citazioni che, nella maggior parte dei casi, sono in linea perfettamente con l'opera.
Si considerino, a tal proposito, gli interventi di G. Steiner o di R. Barthes, o ancora di De Benedetti, o di H. James: non si tratta, infatti di un patchwork modesto, ma le citazioni sono in grado di intrecciarsi e sfumare nelle affermazioni di Lavagetto, in un vero e proprio ricamo argomentativo e retorico.
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