Dopo il successo travolgente de La ragazza con l'orecchino di perla (da cui, peraltro, è stato tratto un film che a mio parere ha reso ben poco l'agilità del romanzo) Tracy Chevalier si ripropone al pubblico con un nuovo romanzo di ambientazione storica, L'innocenza.
Ci troviamo in Inghilterra, nel 1792. All'opinione pubblica giungono minacciose notizie riguardo lo sconvolgimento politico provocato dala Rivoluzione Francese. La capitale del Regno Unito, Londra, ha tutti i caratteri di una città in piena industrializzazione, nel selvaggio sfruttamento delle risorse e delle persone.
La narrazione è incentrata su una famiglia di fabbricatori di sedie, i Kellaway, giunti a Londra dalla campagna per tentare fortuna e dimenticare la morte di uno dei figli, Tommy; tutto il romanzo ruota attorno ai componenti di questa famiglia, il loro rapportarsi alla nuova realtà: in definitiva, il loro crescere o il loro fossilizzarsi in reazione al cambiamento.
In particolare, la Chevalier punta la sua attenzione sul giovane figlio dei Kellaway, Jem, che stringe amicizia con una monella londinese, Maggie, e insieme a lei subisce il fortissimo fascino esercitato da un loro vicino di casa, il misterioso poeta William Blake.
Il romanzo risulta governato da una netta polarità. Abbiamo degli scontri emblematici a diversi livelli di lettura. E' chiarissima l'opposizione campagna-città: come in tanta letteratura, la campagna è interpretata dalla Chevalier come il luogo della purezza e della pace, della certezza dei valori, della sicurezza economica; la città si erge - agli occhi del giovane paesano - come un mostro multiforme di miseria e sporcizia, in cui il fumo impedisce di vedere il cielo e i mores vengono messi in discussione. Simbolo della città è la giovane Maggie: la monella, agli occhi di Jem, è perfettamente capace di vivere all'interno del mondo in cui è nata e cresciuta.
Tuttavia, le apparenze ingannano. E veniamo quindi alla seconda opposizione, quella che dà il titolo al libro: innocenza e malizia.
A una lettura superficiale, Maggie potrebbe sembrare portavoce in toto del secondo elemento, vista la sua disinvoltura e il suo aperto atteggiamento di sfida, così come Jem potrebbe essere interpretato come "innocente" per eccellenza. Ma, come ho già detto, le apparenze ingannano. E ce lo fa notare il mentore, per così dire, di questa opposizione: William Blake, autore di Canti dell'innocenza e Canti dell'esperienza.
Jem e Maggie sono gli unici personaggi veramente attivi nell'economia della storia, i veri protagonisti di una sorta di "romanzo di formazione". Essi sono "fotografati" in quello stadio in divenire che è la prima adolescenza: e un personaggio in divenire non può non contenere in sé gli opposti, come fa loro intuire Blake in una sorta di "maieutica in pillole". Innocenza e malizia non sono prerogative assolute di questo o quel personaggio, ma coesistono tanto in Jem quanto in Maggie: il primo si stupisce dei propri desideri nei confronti della monella, le sue riflessioni mostrano un disincantato realismo fin troppo adulto; la seconda è capace di perdersi per le vie di Londra, di aiutare un'amica in difficoltà nonostante il suo cinismo, e porta con sé un segreto che ancora la tormenta.
La vera crescita dei personaggi consiste nella presa di coscienza di questa compresenza degli opposti. Tuttavia, la fine smentisce questo percorso. Per questo ho usato delle virgolette di precauzione qando ho parlato di "romanzo di formazione". La narrazione si conclude con un sostanziale ritorno alla situazione di partenza: Jem e la sua famiglia ritornano nell'Eden paesano, Maggie ritorna nella sua grande, grigia città dopo un addio senza rancore.
La nuova consapevolezza sembra esser stata cancellata con un tristissimo colpo di spugna. Mi pare sia stato questo il piccolo grande fallimento di Tracy Chevalier, in questo romanzo, al di là del ritmo narrativo sempre vivace e della ricostruzione storica magistrale.
In testimonianza dell'esperienza che ha rivoluzionato l'innocenza, restano solo due copie dei Canti di Blake. Innocenza e malizia restano confinate a un livello puramente ideale o istintuale: la vita non subisce variazioni. Si tratta forse di un messaggio pessimistico da parte dell'autrice, o ci troviamo di fronte a una riflessione non del tutto conclusa?