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La Coscienza di Zeno

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Vi sono libri che possono cambiare la vita e libri che invece possono modificare e rivoluzionare una Cultura Letteraria. La "Coscienza di Zeno" ha il raro pregio di possedere entrambe queste qualità. A dimostrazione di ciò fu paradossalmente il fatto che il capolavoro letterario del "Proust italiano" - pubblicato nel 1923 - mise d'accordo,per una volta, pubblico e critica nella "non comprensione" del romanzo,non diversamente dai precedenti("Una vita" e "Senilità").
Sarà infatti solo grazie a Joyce che lo fece conoscere a livello internazionale e,in seguito ad Eugenio Montale che in Italia ne intuì per primo le grandi abilità di narratore,che divenne il "classico" che oggi noi tutti conosciamo.Un romanzo che,in effetti, fu "rivoluzionario" nel vero senso del termine. Un "romanzo della crisi" che scompaginava le conventicole letterarie italiane facendo entrare per la prima volta dalla porta principale la Psicanalisi."La Coscienza di Zeno" narra infatti la storia di un inetto,Zeno Cosini, - "un uomo senza qualità" per citare Musil - che <<[...] è generato dalla sensazione fondamentale di uno scompenso tra l'orientamento che l'individuo dà alla propria vita, e la curva che poi la vita descrive: incarna questo difetto, questo errore di calcolo>>(Giacomo Debenedetti). Ma Zeno Cosini non è solo questo. E', sì, un inetto,un malato immaginario, totalmente assente della vita in cui sembra costretto a partecipare, ma è al tempo stesso un "inetto" che,nonostante ciò, "riesce ad avere successo". Il perfetto contraltare del suo antagonista, Guido,che invece sembra inizialmente avere tutto ciò che Cosini non può ottenere.
Interessante, e profondamente moderno, è poi la conclusione del romanzo:la visione di Zeno,cioè di Svevo,sulla Psicanalisi. Egli infatti dice che il disagio mette l' uomo in discussione con se stesso e con gli altri e non esiste nessuna medicina che possa guarire l'uomo che è malato in profondità; è l' uomo stesso il creatore di" mostri distruttivi . Neanche la psicanalisi, che non guarice l' uomo, ma gli è necessaria solo "per comprendere se stesso" . E non è questa forse la più grande speranza dell'uomo contemporaneo?