Ciao Francesco,
innanzitutto grazie per aver accettato la proposta di rispondere a qualche domanda per farti conoscere meglio. Meglio in qualità di romanziere, perché invece sappiamo bene che nel mondo dei blog, con il nickname di Mio Capitano, godi di una meritata celebrità (http://penultimi.blog.tiscali.it/).
Qui, invece, ti vediamo abbandonare la riflessione ironica e autoironica a cui hai abituato i tuoi fans sul blog, per affrontare un tema insolito e spinoso quale la violenza sessuale: si tratta forse della seconda faccia della stessa medaglia, di una sfida personale o di qualcos’altro?
In realtà io non volevo parlare soprattutto di violenza sessuale nel mio romanzo. Mi interessava descrivere un personaggio ai limiti della società, stanco, che non crede in niente, nemmeno in se stesso. Volevo mostrare un tipo umano piuttosto diffuso nel nostro modo di vivere, che si trascina di giorno in giorno in un processo di autodistruzione progressiva.
Il tema dell'amore è presente sin dal titolo; ma non si tratta, come spiegato dal protagonista nel suo ultimo, finale monologo, di un amore comune. E in verità la sfera emotiva dei personaggi si colloca in un piano surreale, allucinato, in cui non esistono mediazioni ma solo tensioni estreme... Interessante il titolo che, perdonami se lo rivelo, ma si comprende praticamente alla fine del romanzo. Come mai questa scelta?
Il titolo nasconde uno dei tanti paradossi dell’amore. L’atto di amore può essere semplicemente quello di rinunciare a questo sentimento quando finalmente lo incontri nella tua vita, forse per la prima e agognata volta. L’amore può essere rinunciare all’amore, leggendo il romanzo spero si capisca meglio.
E così, “Atto d’amore”. Chi compie quest’atto, il narratore attraverso i cui occhi assistiamo al dipanarsi della vicenda, è certamente un personaggio sui generis; non un impiegato di mezza età, non un aspirante eroe, ma uno stupratore. Per quale ragione hai scelto di narrare dal punto di vista di un individuo ai confini della società?
Non lo so. Qualcuno ha detto che i cattivi sono più interessanti da raccontare dei buoni. In ogni caso io penso che siamo tutti esseri umani. Anche nel cittadino comune c’è un lato oscuro e torbido e anche nel criminale c’è un aspetto umano.
Sappiamo che generalmente ogni scrittore ha una sorta di amore-odio nei confronti del proprio protagonista: quale aspetto prevale nel tuo caso?
Non so quale aspetto prevalga in me. Ma so che scrivevo con facilità il romanzo, come se avessi instaurato un buon collegamento psicologico con il protagonista e con il suo modo distorto di vedere il mondo. In certe parti mi fa quasi pena perché è un tipo che ha rinunciato a vivere, non si aspetta niente dagli uomini e dalla vita.
La scena più forte è proprio all’inizio, quando il protagonista cerca di violentare Teresa, personaggio-fulcro del romanzo. E’ questo incipit una sorta di sfida nei confronti del lettore e in particolare del pubblico femminile?
Non so perché mi è venuto un incipit così forte. Probabilmente perché mi sono reso conto che attraverso le fasi della violenza si riusciva a capire una parte della psicologia del protagonista.
La stessa protagonista femminile, Teresa, è investita da questo doppio livello di amore e odio: il desiderio di possederla e l’odio per la sua risata piena di derisione (finta). Possiamo dunque desumere che ci sia una certa somiglianza tra i personaggi?
In effetti è vero. Teresa somiglia molto al protagonista. Sono tutti e due disperati, per ragioni diverse. Il personaggio di Teresa mi affascinava perché faceva regolarmente il contrario di ciò che ti aspetti.
Con “Atto d’amore” hai scelto di affrontare tematiche “forti” come la violenza sessuale e l’eutanasia. Cosa ha spinto la tua sensibilità di scrittore su questi argomenti controversi?
Più che altro è capitato. Non credo che si scriva un romanzo perché si vuole prendere posizione su determinate questioni. Ci si fa guidare dalla storia, dovunque essa porti. La storia e i personaggi dettano legge.
Come da te più volte ribadito, la tua città, Napoli, ha un ruolo di spicco nella tua vita di uomo, blogger e scrittore. All’interno di “Atto d’amore”, Napoli potrebbe essere considerata un personaggio a sé, sfondo vivo del racconto: cosa puoi dirci a proposito?
Ti rispondo con un brano di un mio post. Per molti anni non ho voluto ambientare le mie storie a Napoli perché detestavo certi pittoreschi aspetti da cartolina che associavo alla mia città. Poi d’un tratto zac, ho cambiato idea. Ho visto Napoli con occhi diversi non solo in letteratura. Dove prima coglievo basso folclore buono per i turisti nordici che dicono Wonderful agli scugnizzi e alle pescivendole di Porta Nolana, ora vedevo colori a migliaia, vitalità, mistero. Posti e personaggi affascinanti utili per ambientare qualsiasi storia, seria e meno seria, tradizionale o innovativa, gialli, horror, vicende politiche, di denuncia e persino avventure di fantascienza o di fantasy. I vicoli partenopei si adattano a ogni trama, intreccio, situazione o argomento riproducibili in narrativa, così mi pare adesso, e tutto possono valorizzare i chiaroscuri dei bassi, il caos delle strade, il brulicare di umanità.
Una curiosità: quando hai iniziato a scrivere il romanzo, avevi già chiaro in testa il finale o è stata una conclusione a cui sei giunto durante la stesura?
Sapevo quale doveva essere il finale a grandi linee. Un balordo trovava l’amore, lo perdeva prima della fine della storia e se ne restava a contemplare triste questa sua incredibile esperienza svanita come chi guarda la pioggia dalla finestra.
E, sempre parlando della stesura, dimmi: hai meditato a lungo la storia o è stata un’ispirazione istantanea? Se si tratta d’ispirazione istantanea, vuoi raccontarci quando e dove è nata? Da cosa?
La storia è nata molti anni fa come racconto e poi è stata tenuta nel cassetto. E’ stata ripresa e ampliata quando ho avuto una proposta di pubblicazione sul blog da parte di una persona che apprezzava i miei post. Ciò che mi spinse a scriverla fu indubbiamente il desiderio di descrivere un individuo amorale, violento e disperato che un giorno… si innamora. Volevo immaginare cosa sarebbe successo in quel caso.
Se dovessi, un po’ crocianamente, definire il tuo romanzo con una formula breve, cosa conieresti?
Un thriller che fa pensare.
Immagino ti siano arrivati molti commenti sul blog, ma anche privatamente. Vuoi raccontarci quelli che ti hanno colpito di più?
Mi sono arrivati tanti commenti di blogger che a un certo punto ho deciso di utilizzarli per una prefazione al mio romanzo, che in effetti mi piace molto, la trovo schietta e vivace. Mi ha colpito il fatto che il libro non lasciasse indifferente nessun lettore, sia quelli che mostravano di apprezzarlo, sia quelli che avevano qualche dubbio. Il mio romanzo ti costringeva a prendere posizione, mi pareva una gran bella cosa.
Consideri “Atto d’amore” un unicum nella tua produzione letteraria o conti di proseguire con qualche altra opera?
Senza dubbio penso di continuare a scrivere e penso che in quel caso parlerò ancora di personaggi con difficoltà esistenziali.
Ti ringraziamo per la disponibilità, ci auguriamo di poter ripetere l’esperienza per un’altra opera firmata Francesco Cinque.
G. Ghioni – L. Ingallinella