Un secondo punto di vista per "Non baciarmi sulla bocca"

Titolo: Non baciarmi sulla bocca

Autore: Valeria Ferracuti

Casa editrice: Graphe.it edizioni

Anno: 2008


"Dicono che le donne siano masochiste nei rapporti di coppia e che abbiano un'innata attitudine per gli uomini più bastardi." Questo assunto è un nodo fondamentale del romanzo di Valeria Ferracuti: attorno a impulsi masochisti si organizza tutto il piano del racconto. Abbiamo il classico rapporto dominatore (Daniele) / dominato (Giulia): un gioco a due intersecato da personaggi di secondo piano, presenze che vogliono avere dignità nella trama ma non riescono a scalfire una dialettica che è impossibile, assolutamente impossibile definire amore.

L'amore, in "Non baciarmi sulla bocca", è una realtà distante, che sfiora di striscio i protagonisti, il loro mondo. L'amore non sopravvive nel caos della metropoli e delle anime. Esso è sogno, nel passato di Giulia, poi illusione e delusione. Cos'è nel suo presente e, soprattutto, nel suo futuro? Sembra non esistere. L'amore è rifiutato come un istituto sociale soffocante, un legame che cela sotto di sé il ghiaccio e la monotonia. Per Valeria Ferracuti, la libertà di scelta coincide con la divaricazione assoluta degli schemi morali: nietzscheanamente, non esiste il bene o il male, non più. Giulia abbandona la morale comune (è una scelta giusta? sbagliata? la libertà di giudizio del lettore è un diritto irrevocabile) e si getta a capofitto in quell'esperienza che identifica con la Vita più autentica.

"Non baciarmi sulla bocca" può essere definito il racconto della scoperta di un'identità sepolta, ma anche di una caduta. La protagonista, che "aveva sempre vissuto in un ampolla di vetro per proteggersi dalla cattiveria e dalla stupidità della gente", programmando la sua vita "con un pizzico di pignoleria", è il ritratto di una ragazza come tante altre. Questo ritratto normale, però, lentamente si frantuma: e questa frantumazione è evidentemente sintomo di un rapporto conflittuale con la realtà. Novella Zeno Cosini, Giulia rifiuta la possibilità di riappropriarsi del proprio Io tramite la cura psicanalitica; la grande scelta della sua vita (la più grande, intuiamo, che la condizionerà a lungo, forse per sempre) è proprio la scelta di annullare la propria personalità in nome di un amore che non è amore, verso un lieto fine che non è un lieto fine. L'identità sepolta di Giulia è questo nulla che, infine, si arrende al dominatore, Daniele. Di certo, siamo anni luce lontani da un Bildungsroman, in cui l'iniziazione erotica era la porta d'accesso alla società. Anzi, potremmo dire il contrario: l'Eros è strumento di esclusione, di distruzione dei rapporti sociali. Eros, nella civiltà postmoderna del romanzo di Valeria Ferracuti, è indiscutibilmente legato a Tanathos, il principio mortifero della distruzione. In un universo assimilabile a quello degli ultimi Depeche Mode.
Daniele ne è il simbolo perfetto. Egli, stereotipo puro del maschio dominatore, automa senza emozione, rimane immobile e impassibile di fronte alla metamorfosi di Giulia.
Metamorfosi apparente, perché l'Io può sfaldarsi ma l'amore, quell'amore sbeffeggiato che Daniele non riconoscerà mai, Giulia non smetterà affatto di desiderarlo.
Giulia non è un Ubermensch "al di là del bene e del male" in gonnella. Resta, in fondo, cristallizzata nella sua infantilità e nella sua ricerca d'amore.
Come, d'altro canto, ogni essere umano.

"Poi [Giulia] si alzò sulla punta dei piedi e, attirandolo a sé con le mani, cercò di baciarlo.
L'uomo si ritrasse.
- Non baciarmi sulla bocca, ragazzina. I baci veri sono per gli innamorati."