"Cortesie per gli ospiti"
di Ian McEwan
Torino, Einaudi Tascabili, 2005
Quali sono le “cortesie per gli ospiti”? Le persone manifestano la loro potenza, cioè il loro potere (questo è il significato di ostentare), in molti modi (anche inconsci),e la lusinga è uno di questi. Le cortesie “pelose”, invadenti, godono nel lusingare, perché in realtà ingannano, non lasciano spazio all’ iniziativa libera e spontanea, nascondono sempre velatamente l’ aggressività di chi dà l’ ospitalità, perché obbligano a seguire un percorso tracciato, e dunque ad accondiscendere la volontà di chi ospita. Esse sono una propaggine dell’ affermazione sociale e infatti sono spesso evidenti in persone di elevato ceto sociale, perché sono un surrogato autocompiacente del potere. Anche di questo ci parla il racconto lungo di Ian McEwan.
Colin e Mary sono in vacanza in una città di mare, che non è difficile ravvisare in Venezia. Il loro rapporto è in crisi, o meglio la forza della passione si è stabilizzata in una sorta di intima amicizia, in cui anche il sesso è qualcosa di previsto. Nella stanza d’ albergo dormono in letti separati, si parlano poco, trascorrono le loro giornate nelle vie assonnate della città, che si intricano e si aprono alle piazze, nei bar galleggianti, sui ponti, sui traghetti, nelle soste ai ristoranti, o tuffandosi nella folla irruente dei turisti per annullarsi in essa, in una sorta di metodica e rassicurante procedura.
La città è talora intorpidita, talora bruciante. McEwan ne rileva i rumori, gli odori, il vociare dei turisti, il silenzio dei vicoli notturni, e quest’ atmosfera densa e declinante di crepuscolo è certo una delle bellezze del romanzo. I due protagonisti avrebbero continuato a vivere così la loro vacanza se una notte, di ritorno all’ albergo, non si fossero persi, e non avessero incontrato il loro anfitrione, Robert, che li invita ad un bar, racconta loro quell’ incubo reale che è la storia della sua infanzia, ed infine li accoglie nella sua casa, dove li ristora, li riempie di cortesie, e appresta loro una stanza, in cui, la mattina, i due ospiti, si ritroveranno nudi sui letti, senza poter trovare i loro vestiti, e senza potersi spiegare le strane modalità del risveglio. La narrazione si fa più intensa, tesa, e se l’ equilibrio della vita dei protagonisti all’ inizio del romanzo aveva per simbolo l’ elemento dell’ acqua, quasi lacustre, circolare, che torna sempre a se stesso, ora è il fuoco l’ elemento che spezza ciò che è precario e debole, in un finale drammatico che sembra un giudizio, un’ apocalisse. I temi del racconto sono molti: l’ impatto delle vite “potenti” sulle vite “normali”, e la vigliaccheria di questa potenza, fondata sulla prevaricazione sadica, ma all’ opposto anche l’ ipocrisia e l’ equilibrio finto, convenzionale delle vite “normali”, che non cercano più l’ autenticità della vita. Entrambi questi modelli di vita si mostrano nel loro fallimento. La violenza sulle donne, che non può essere accetta, come prerogativa maschile o come potenza, ma che è sempre vigliaccheria ignobile. La critica al sistema patriarcale come fondamento della società, da un lato, e dall’ altro l’ inutilità di ogni ideologia, e quindi del femminismo, se è solo parola, convinzione vuota, e non pratica operante. La difficoltà di trovare in un rapporto la mediazione tra la convenzionalità e la profondità inconscia. Per questo tema il racconto, da cui è stato tratto un omonimo film con Rupert Everett e Cristopher Walken, può essere accostato a Doppio sogno di Arthur Schnitzler.
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