Lo straniero
“A chi vuoi più bene, enigmatico uomo, di? A tuo
padre, a tua madre, a tua sorella o a tuo fratello?”
“Non ho né padre, né madre, né sorella, né
fratello.”
“Ai tuoi amici?”
“Adoperate una parola di cui fino a oggi ho
ignorato il senso.”
“Alla tua patria?”
“Non so sotto quale latitudine si trovi.”
“Alla bellezza?”
“L’amerei volentieri, ma dea e immortale.”
“All’oro?”
“Lo odio come voi odiate Dio.”
“Ma allora che cosa ami, straordinario uomo?”
“Amo le nuvole…le nuvole che vanno…laggiù,
laggiù…le meravigliose nuvole!”
C. BAUDELAIRE, Poemetti in prosa, 1869
Inizio da questa poesia di Baudelaire perché l'ho ritrovata ai miei esami di stato e non ho potuto non fare riferimento al libro che oggi vi voglio proporre. Ecco l'espressione infatti del desiderio di libertà realizzato, l'aspirazione che si è materializzata. In un certo senso potrebbe essere l'antitesi dell'insostenibile leggerezza dell'essere di Kundera (di cui tratteremo io e Laura a breve), un uomo che da manager di successo pieno di soldi va a vivere per strada a quarantadue anni suonati. E non gli è successo niente. Nessun fallimento bancario, investimento sbagliato, problema familiare... Niente di niente. Solo che ad un certo punto ha sentito il cinturino del suo orologio diventare una catena troppo stretta ed ecco che la libertà che noi guardiamo dal basso verso l'alto, Maksìm Cristàn ce l'ha faccia a faccia. E scopre magari che non è così bella come nelle foto, nei sogni e nelle apparizioni da lontano. Ma ormai la sua scelta l'ha fatta. Il sottobosco urbano di Milano è la sua nuova casa con pericoli, disavventure e una passione bohemienne ormai sciapita, quasi scolorita all'ombra del nuovo millennio. E' qui che nasce per alcuni la schizofrenìa per altri il genio, questo suo "(Fanculopensiero)". Tento di dare una spiegazione approssimativa del titolo: l'improperio non è tanto contro il pensiero in sé per sé ma contro la ratio, il pensiero preordinato e conformista, l'impulso apollineo, il super-io. E le parentesi non sono altro che un tentativo di voler eludere quest'altro residuo di lucidità: che senso ha attaccare la ratio con un attacco razionale? E a questo punto non aspettatevi nemmeno un romanzo da leggere troppo facilmente o che voglia dire qualcosa, sta a voi cogliere. Il protagonista e il narratore coincidono in ogni tratto, non c'è nessuna crescita morale, non è un bildungsroman. Ricalca più che altro il genere della valvola di sfogo, l'autore non scrive per vendere (ad eccezione di rari casi) ma si accorge di saper scrivere e poi vende i suoi libricini. E' un libro che non può essere scisso dal personaggio che l'ha scritto né dal contesto in cui è stato partorito. Non c'è nessuna razionalità poco e niente in termini di labor limae, Maksìm fa quello che vuole: "Cos'è che in questo momento vorrei fare più di ogni altra cosa?". Il chiaro romanticismo di fondo è macchiato qua e là dalla tipica ingenuità di uno straniero, di chi vive per la prima volta un qualcosa di nuovo. Attenzione, è diversa dall'ingenuità infantile che non ha punti di riferimento, non è quel Giovanni Pascoli vestito a 50 anni ancora con i calzoncini; la distanza dai suoi punti di riferimento non fa dello straniero un negletto, un incapace, anzi intensifica i tratti discordanti di una curiosa pantomima su uno scenario sbagliato. L'amore per le nuvole, per la leggerezza (per ritornare a Baudelaire) è il risultato di un processo di estraniamento dal circostante. Ma gli esiti sono tutt'altro che estranianti, leggero come l'aria entra nei polmoni di tutti e riesce a penetrare più a fondo quel segreto della vita su cui molti fantasticano. Per concludere con un bella metafora si potrebbe dire che non è altro che jazz, libera improvvisazione seguita su altri canoni, altri punti di vista. Vi immaginate John Coltrane o Oscar Peterson a parlare con Bach e Beethoven? Bene l'effetto di questo libro è esattamente lo stesso.