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Storie che dalla nebbia riemergono chiare

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Notte di nebbia in pianura
di Angelo Ricci
Lecce, Manni Editore, 2008

€ 11.00
pp. 118

Potremmo parlare di una raccolta di racconti o, meglio, di storie che si aprono in medias res e in media verba (cioè nel corso dello svolgersi dell’azione e delle parole). Il lettore, per reazione, resta disorientato proprio come se si fosse immerso nella nebbia del titolo, e non può che osservare gli sprazzi di realtà che gli si offrono.
Un esempio? Il lettore fa appena in tempo ad abituarsi all’ansia per i preparativi di un ex-avvocato che è diventato banditore d’aste di quadri di poco valore, quando finisce nel gorgo di parole distorte dagli improperi dell’ubriaco “Sticazzi”. E quando abbandona il turpiloquio, partecipa alla commovente storia di un bonario ragazzone di centoventi chili, orfano di madre. Dopo la sua catena di riflessioni domestiche, ecco il passaggio brusco in un Ufficio Matricola dove si discute del trasferimento di una detenuta, accusata di complicità in atti terroristici. Infine, ci si chiude in una stanza dove amici e soci giocano a poker, mentre le loro compagne russe masticano un faticoso italiano.
Dunque, cinque situazioni totalmente diverse che si avvicendano, dopo essersi interrotte nei momenti di maggiore pathos. Non difficile immaginare che le tante figure tratteggiate perderanno a poco a poco il velo di nebbia che le avvolge, per arrivare a incontrarsi, intrecciarsi o scontrarsi.

Non mi sembra il caso di addentrarmi oltre nella trama, ma è necessario notare che la Giustizia manca, e non mi riferisco solo alla giustizia dei tribunali, ma alla giustizia delle coscienze. Ci sono immigrate russe che cercano la stabilità economica e un riscatto dalla strada, la donna accusata di terrorismo ha in realtà solo consegnato pacchi di cui ignorava il contenuto, per assecondare il compagno, l’ex-avvocato ha abbandonato la professione in seguito a un lavoro poco pulito, i giocatori di poker discutono di riciclo di soldi sporchi. Persino l’inoffensivo e ingenuo orfano finisce per lavorare per una piccola società che gira film porno: niente si salva dal turbine della corruzione, sociale, economica, etica.

Al di là della trama, di per sé già interessante, mi sembra giusto sottolineare che le scelte stilistiche di Angelo Ricci non sono affatto scontate: la narrazione è ritmata da iterazioni martellanti di frasi, dettagli o stralci di dialoghi. Non di rado sono questi a rimarcare il carattere dei singoli personaggi, o l’eccezionalità della situazione. Generalmente, siamo in presenza di una paratassi nervosa, disinteressata a descrizioni tradizionali, ma pronta a ritagliare dettagli e umori. Il risultato è senza dubbio degno di lettura, e per questo non mi resta che rimandare le curiosità all’intervista che Angelo presto ci rilascerà.

GMG