I dimenticati: Ardengo Soffici, Arlecchino

Arlecchino
di Ardengo Soffici
Edizioni di Lacerba, 1914


Libro che Simonetti definisce «arcadico, ispirato ad un mondo che la società contemporanea considera al di là del tempo e della storia».
Benché pubblicato per le edizioni di Lacerba, è ancora connesso al bozzetto toscano, dove c’è ancora elegia, con collegamenti a Renato Fucini (macchiaiolo, ma in Arlecchino i personaggi anagraficamente connotati) e a Giuseppe Giusti (per quanto riguarda il retroterra storico e culturale della società fiorentina).

L'opera è divisa in 9 parti, narrate sempre in PRIMA PERSONA:

PRIMAVERA – già uscita sulla «Voce» tra 1910-11, contiene la premonizione delle successive scelte artistiche: vuole risolvere nell’allegria il dramma spirituale e artistico (diverso dal Lemmonio Boreo, opera del 1912). La vita viene infatti vista come una combinazione di IRONIA e FATALITA’.

Io, Menalio, disgraziato delle tre tragedie – filosofica, sentimentale e finanziaria – ho visto stamani il viso della felicità. Il sole che finalmente ha sbaragliato e respinto di là da i monti la sporca nuvolaglia di l’altro giorno, mi batteva in pieno sugli occhi quando mi son destato, e io sono uscito.
[da Primavera, p. 5]


UNA SERATA IN FAMIGLIA – Dissacrante critica alla religione popolare; dialoghi su questioni contrastanti, tutte scandite dalla nenia delle preghiere, ripetute meccanicamente, con toscanismi e adattamento latineggiante.
Rinuncia finale al suicidio in nome di un amore per la vita. P.19

ELETTRA - amore giovanile, raccontato per frammenti. Sono moltissimi i toscanismi, che rispecchiano il gusto per la descrizione fisica e morale. Cambia intanto la concezione della DONNA: diversamente dal Giornale, la donna non è tentazione, sgualdrina, infedele, oggetto di desiderio.

LA VITA DEGLI UOMINI – carrellata di ricordi a cui l’autore assiste, spettatore del racconto.

IMPRESSIONI – Suggestivi squarci bozzettistici, in cui è il paesaggio toscano a far da padrone. Una vera tavolozza di colori.

ARLECCHINO – lo scritto è diviso in vari paragrafi. Compare qui l’importante concezione d’affrontare la vita e il dramma con allegria, cosa che manca nel Lemmonio Boreo del 1912. Torna la tematica della rinuncia come atto d’amore:
Io sentii allora che potevo amarla, che forse l’amavo; che sarebbe bastato prender la sua piccola mano posata sulla ringhiera e metter su quella mano un bacio muto – ma non dissi nulla e non mi mossi. A che pro? Tutti gli amori finiscono così male, che l’atto più profondamente amoroso è forse di nascondere agli esseri amati i palpiti del nostro cuore.

anche in Giornale di bordo si legge:
18 febbraio
Tutti gli amori finiscono così male che l'atto più profondamente amoroso è forse quello di non farsi amare da colui che amiamo.


FIRENZE-PARIGI
– è questa una delle parti più apprezzate dalla critica: si tratta di un vero e proprio diario di viaggio, dove l’autore riesce ad astrarsi, per carpire e registrare tutti i particolari del viaggio. Si ritrova uno straordinario interesse per le osservazioni paesaggistiche e realistiche che spesso innescano RICORDI e IMMAGINAZIONI.
Non mancano le lodi della Francia, paese amatissimo dove, ricordiamo, Soffici ha trascorso parecchi anni della giovinezza, e ha mantenuto rapporti fino alla fine della Prima Guerra.
Si conclude con un destinatario ben preciso: è una donna appena conosciuta che diventa referente privilegiata.

Beura
Come tristi e belli dolorosamente tutti questi villaggi solitari rincantucciati a piè delle rocce, bigi col loro tetto nero, non rallegrati da nessun colore. Non fossero alcune pertiche cariche di spighe di granturco, giallissime, a una terrazza.

Quattro donne un po’ gozzute e vestite di colori cupi vanno per una strada tortuosa, curve sotto grandi gerle piene di scappie fino all’orlo, e dall’orlo in su ricolme di pezzi da catasta – le mani alle cinghie e la faccia terrea, abbrutita completamente.

[p. 73]

TRE BACI PERDUTI – sono stralci di dialoghi in situazioni comunicative molto diverse, tra battute asciutte, mai introdotte da verbi di dire o raccontare. Non mancano interessanti descrizioni.
- Parti volentieri?
- Per la madonna!
- Allora niente paura?
- Uhm! Se si torna, si torna – che ore sono? Bisogna che prenda il tram: alle dieci devo essere in caserma.
Era un soldatino giovane, bianco e rosso come una bambola, i baffettini neri arricciati, e il sorriso luminoso d’una ragazza.
Guardavo i suoi occhi lucenti come i bottoni della sua giacca, profondamente aperti sulla vita, senz’ombra e senza incertezze; e quando mi tese la mano, al pensiero che quegli occhi si sarebbero forse chiusi fra pochi giorni per sempre, che quella carne fresca sarebbe imputridita chi sa dove per l’oscura volontà di qualcuno cui egli obbediva senza neanche saper perché avrei voluto stringerlo al petto per la prima e per l’ultima volta perché portasse almeno con sé quel ricordo di simpatia che poteva fargli del bene, chi sa?
Ma gli amici eran lì, il tram partiva, e mi contentai di augurargli, come gli altri, buon viaggio e buona fortuna.

[pp. 86-87]

CHIACCHIERE – Scambio di dialoghi tra il narratore e una sua vecchia amante. Tutto il discorso è teso a dimostrare che anche la donna mentiva e non provava veramente amore. Si percepisce tutto il turbamento nascosto dietro alle risposte evasive e poco convinte della donna: la comunicazione è qui asservita alla volontà di compiacere l'altro.

Quel che colpisce dell'intera opera è il grado di modernità che ancora ricopre: sia per tematiche che per stile, Soffici è uno scrittore piacevole, nonché illuminante anche per i lettori d'oggi.

Gloria M. Ghioni

* i brani sono tutti tratti da A. Soffici, Arlecchino, Firenze, Vallecchi, 1987 [1^ ed. 1914]