La grande Truffa
Gabriele Capolino, Fabrizio Massaro, Paolo Panerai
Pagine 367
30 sono gli anni che trascorse alla ribalta sulla scena economico-finanziaria italiana. 15 quelli in cui continuò a mostrare un serafico sorriso, nonostante il monumentale e disastroso sistema messo in atto. 6 erano i proprietari principali, ma solo in 3 pesavano per ben il 71%. 14,5 sono i milioni di euro cui ammonta ufficialmente la “truffa di tutte le truffe”.
Gli autori presentano il crack Parmalat nei minimi dettagli, ma con un linguaggio comprensibile anche a coloro che non possiedono nozioni di finanza o di economia. Intento dichiarato, infatti, dallo stesso Panerai è che attraverso questo libro “i cittadini truffati o che hanno schivato la truffa abbiano l’opportunità di capire e di imparare; perché la si smetta di dire che la finanza, gli investimenti, in quanto complessi, possono esser non capiti dalla gente comune”. In questo senso in appendice sono presentati anche alcuni consigli pratici per evitare eventuali altre truffe o “riparare”, se fosse possibile, a questa.
Ciò che Calisto Tanzi e la sua “gang” sono riusciti a realizzare appare assurdo e irrazionale, dalla prolungata e menzognera dichiarazione dell’esistenza di utili, alla falsificazione di fatture ed estratti conti di famose banche (una per tutte la Bank of America), per non parlare della creazione di società Buconero ove scaricare le perdite. E se lo stesso governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, dichiarò pubblicamente che “il sistema bancario italiano non avrebbe mai dovuto consentire a Tanzi di gonfiare il crack fino al livello record di 14,5 miliardi di euro”, come mai si è dovuto aspettare l’approdo di Lamberto Cardia (alto magistrato della Corte dei Conti) alla presidenza della Consob, per scoprire o meglio palesare a tutto il mondo l’esistenza di una truffa così gigantesca? La ragione molto probabilmente va ricercata nella connivenza della politica – non è certo un mistero, ad esempio, l’appoggio sfrontato da parte dell’ex segretario della Dc, Ciriaco De Mita, al Cavalier Tanzi. La fama di uomo pio e devoto ha consentito sempre al “nostro” di contare anche sulla disponibilità e protezione di membri di organizzazioni più religiose che laiche, tra i quali spiccano esponenti dell’Opus Dei come il banchiere Gianmario Roveraro, senza il cui intervento Parmalat non sarebbe mai stata quotata in borsa (e insieme non avrebbe mai gonfiato così tanto il crack).
In sedici capitoli gli autori e collaboratori di “Milano e Finanza” hanno cercato di ricostruire, servendosi anche dei verbali (pubblicati anch’essi in appendice al libro), la storia di un’impresa, fondata su uno dei prodotti più poveri della filiera alimentare, il latte, ritenuta redditizia e mantenuta in realtà in vita per anni solo artificiosamente. Il fatto di essere una delle pochissime multinazionali italiane, coadiuvato dall’inarrestabile avanzata del processo della globalizzazione, ha certamente contribuito a far convogliare danaro nelle tasche della Parmalat e quindi (ma perché se li è intascati) del suo patrono, con la complicità del suo team.
Una lettura che richiede, più che conoscenze, interesse e curiosità e capacità di vedere in modo prospettico. Insomma, una lettura attualissima.