Valerio Massimo Manfredi
IDI DI MARZO
Mondadori
pagg.241 ca
18,60 €
IDI DI MARZO
Mondadori
pagg.241 ca
18,60 €
Per chi è rimasto affascinato dalle indubbie qualità di Manfredi, dimostrate ad esempio nelle vicende personali e personalizzate di Akropolis, nella trama avvincente de Lo scudo di Talos oppure nel fitto contrappunto a due voci e a due tempi ricamato ne L'oracolo, od ancora nella forza vitale che anima la trilogia di Aléxandros non potrà non rimanere deluso davanti alle Idi di marzo. Sicuramente si potrà trattare di una boccata d'aria, di una sorta di stazione di sosta in cui riposarsi dopo tante letture magari più impegnate e più impregnate a livello di significati latenti e critiche sociali, ma da Manfredi, visti i precedenti, c'era da aspettarsi altro. Chiave di volta dell'impianto narrativo e di una trama filata frettolosamente con materiale ancora ruvido al tatto, è l'epigrafe iniziale tratta dall'Alcesti di Euripide: "Chi deve morire è già morto. E un morto non è più niente". Infatti si può quasi toccare con mano, attraverso le pagine, la figura floscia e impotente di un Cesare ridotto ai minimi termini, come una busta di plastica al vento. Intorno a lui, sicuro protagonista della vicenda, ruotano personaggi secondari ma non necessariamente minori, fili narrativi svolti in parallelo che evidentemente meritavano di essere raccontati anche se non hanno inciso sulla realtà storica. Ricordiamoci infatti che il volume con la copertina rigida, le pagine spesse e i caratteri enormi che abbiamo tra le mani è pur sempre un romanzo storico, anche se poco approfondisce i temi di quel periodo, rimanendo più vicino al genere avventuroso. Manfredi, quale appassionato di storia antica, non riesce a trattenersi mentre scrive, quasi come se già conoscesse tappe e finale del romanzo, dando alla narrazione un ritmo serrato e a volte troppo rapido senza risultare incalzante. Appena accennati i meandri psicologici dei personaggi, tutta la struttura di questo libro sembra asservita all'enumerazione degli eventi perdendosi spesso in cliché e luoghi comuni nel tentativo (vano) di darsi uno slancio, di creare tensione. In realtà sarebbe un'opera questa che non avrebbe incontrato il favore dello Pseudo-Longino, meglio conosciuto come l'Anonimo sul Sublime. Semplicemente perché non cade mai. Nella foga di scrivere, al contrario di Omero, Manfredi presenta un percorso pianeggiante o quasi , però ad altitudini elevate, dove l'aria è rarefatta e difficilmente l'attenzione del lettore rimane invariata dall'inizio alla fine, senza alcun calo. Una scrittura frammentata e molto elaborata che pecca forse più guardandola dall'alto che in ogni singolo paragrafo. E con ciò non si vuole sminuire l'abilità di uno scrittore del suo calibro, perché sicuramente Idi di marzo è un libro scritto bene, sintatticamente ed espressivamente valido per le immagini fornite. Peccato che siano come tempere distese su tela troppo velocemente ed esposte al pubblico senza aver avuto il tempo di asciugarsi, con un'asfissiante dovizia di particolari ed errori di perfezione più che mancanze vere e proprie. In sintesi una lettura non troppo piacevole, ma neanche sgradevole, adatta a palati a digiuno di belle forme e non eccessivamente esigenti per contenuti e significati etico-morali.
Adriano Morea