L'educazione sentimentale di una ragazza nel Duemila
Rodesia Vichi
Mio re dagli occhi belli
Roma, Robin Edizioni, 2008
pp. 363
€ 15.00
Quanto è doloroso crescere? E quanto è eccitante, intenso e pieno di scoperte affacciarsi all’adolescenza? Il libro di Rodesia Vichi è una miscela ben architettata di erotismo, romanzo di formazione, romanzo sentimentale e, qui e là, tocchi di dramma.
La sua lunga trama si dipana attorno alla protagonista Maria Vittoria (Mavi): la si conosce tredicenne, affamata di esperienze che non si sa spiegare, colma di impulsi che condivide con la sua migliore amica Marilena, nella sua camera chiusa a chiave. Ma quel che avviene in quella stanza non è che confusione dei sensi o, meglio, sono le prove all’amore che Mavi vuole invece condividere con Valerio, bellissimo gemello di Marilena, quasi inafferrabile, misterioso e per questo campione di attrazione. La disinibita Mavi sembra voler oltrepassare prima possibile la soglia della sua innocenza, per catapultarsi letteralmente nell’adultità. Ma non è tutto come sembra: la sua ‘educazione sentimentale’ resta completamente bloccata da un fatto drammatico che Mavi vive e poi rimuove completamente dalla memoria. Ma le conseguenze ci sono, e la scrittrice accompagna con sensibilità ma senza veli la sua protagonista diciassettenne, poi ventenne. Non si ritrovano quasi tracce della Mavi tredicenne su cui si sono spese tante pagine, né della sua impulsività o della cieca fiducia con cui si abbandonava - sfrenata - agli eventi. Persino la sua amicizia con Marilena sembra essersi raffreddata, e le prese di distanza non mancano. Intanto, nell’ultima densa parte del libro, Mavi incontra di nuovo Valerio, ormai diventato calciatore professionista: solo con lui riscopre cosa significhi desiderare un uomo, e non averlo; rincorrerlo, e non raggiungerlo. Si apre un vero e proprio tira-e-molla emozionale, giocato a colpi di telefonate, di pedinamenti, di provocazioni e successive ritrosie. Fino a un finale decisamente appagante per il lettore.
Non è un romanzo banale, e questo va detto: benché l’autrice scelga di avvicinarsi alla sua protagonista a blocchi narrativi nettamente distinti, non ci sono salti temporali troppo forti perché si perda la continuità della storia. Al contrario, si ottiene così una buona focalizzazione sui fatti principali, senza la fretta di correre a capofitto: attorno alle vicende fondamentali, si innestano esperienze in minore, ma non per questo sottotono. Come si usa dire, tutto è ben calibrato, e vorrei sottolineare quanto sia difficile non cadere nel banale o nel già detto in questo genere. Lo stile non riflette la stessa spregiudicata modernità: purtroppo a stralci di discorso diretto molto verosimili si accosta una prosa da svecchiare, sicuramente, da una serie di termini aulici e desueti che talvolta stridono col contesto. Ma certamente questo non basta a minare una trama scattante, godibile e non per questo naif.
GMG
Presto la recensione a Esibizionista a pagamento di Rodesia Vichi e l'intervista!!!