Isaiah Berlin
Il legno storto dell'umanità
Milano, Adelphi, 1996
380 p., 30 euro.
Il legno storto dell'umanità è una raccolta di vari saggi di Isaiah Berlin, il grande filosofo liberale inglese, la cui celebre teoria circa la libertà, secondo la quale dobbiamo distinguere una libertà positiva (una libertà di agire, un'autonomia) da una libertà negativa (una libertà da ostacoli, regole, condizionamenti di vario tipo), ha ampliato nel XX secolo l'orizzonte di analisi di questo fondamentale concetto della teoria politica. Queste innovative categorie analitiche, forgiate dalla linea infuocata che divideva il mondo in un occidente capitalistico, individualistico, consumistico, e in paesi socialisti, collettivisti, e in ultima analisi repressivi delle libertà individuali, furono per la prima volta pronunciate durante la Prolusione che Berlin tenne nel 1954 come lezione inaugurale ad Oxford.
I saggi contenuti, invece, ne Il legno storto dell'umanità ci parlano di valori in conflitto, e la lezione di Berlin, come suole ricordare Salvatore Veca, è che nessuna scelta è gratis, che non esistono scelte senza perdite in valori.
Un esempio potrà essere chiarificatore. È un dilemma di ambito economico-politico: il contrasto tra giustizia (equità) ed efficienza. L'esempio è questo: una società che massimizzi l'efficienza può non essere (e generalmente non è), una società giusta, perché spesso l'efficienza si può realizzare solo attraverso la frustrazione degli interessi di alcuni per il benessere di molti. Ma la giustizia, come ci ha insegnato a pensare John Rawls, rifiuta di sacrificare i diritti di chiunque (posto che esista qualcosa come un diritto), per il benessere di un qualsivoglia numero di persone. D'altro canto i diritti, ed anche le istituzioni democratiche, hanno bisogno continuamente di essere ristrutturati, di essere riassestati. Si deve cioè essere consapevoli che la priorità della società sulla politica, il primo antidoto contro i totalitarismi, la necessaria continua aderenza delle istituzioni alle esigenze di società in movimento, cioè, la realtà dei diritti, ha un costo, ed esso è spesso un costo in termini di efficienza. Una società giusta può essere una società efficiente, ma generalmente non è una società che massimizza l'efficienza. La domanda è: fino a quale grado possiamo accettare che un incremento dell'equità intacchi i nostri livelli di efficienza sociale nelle complesse società del benessere in cui viviamo? Si pensi al caso dei sistemi scolastici pubblici o dei sistemi sanitari pubblici: in che misura intaccano l'efficienza del funzionamento di una società? Perché dovremmo accettarli? Non sarebbe meglio ridurli o eliminarli se non sono efficienti? Qual è il loro incremento in termini di giustizia sociale e perché riteniamo che questo incremento sia importante, che valga per noi? Giustizia ed efficienza necessitano di un continuo bilanciamento, sono due valori in contrasto, che non è sempre possibile tenere insieme; per essi convergono interessi, energie intellettuali, politiche, opposti.
Questo primo esempio coinvolge l'ambito macroeconomico delle scelte pubbliche, ma conflitti tra valori, ci insegna Berlin, riguardano anche l'ambito dell'esistenza di ogni singola persona. D'altronde la vita psichica di ognuno è un continuo bilanciamento, e una continua scelta di priorità tra questi valori (John Rawls avrebbe definito Berlin come intuizionista, nella misura in cui il bilanciamento non è regolato da principi, ma si assetta ogni volta in maniera diversa).. Si pensi a due persone che conducono la vita secondo scopi e principi differenti, inevitabilmente verranno a confliggere, se si trovassero a comunicare tra loro. Si pensi che le scelte di priorità alla carriera spesso incidono pesantemente sulla vita familiare di un individuo.
Ma i conflitti tra valori non solo segnano ogni giorno la vita individuale, ma irrorano da sempre la storia del pensiero dell'umanità, o meglio, la storia del pensiero dell'umanità è pensata da Berlin come una storia di valori confliggenti. Nell'interpretazione di Berlin le idee nella testa degli uomini, che inevitabilmente li rendono fanatici, ma d'altro canto li spingono a salpare il mare e cercare nuovi orizzonti, informano, innervano la storia dell'uomo. Così gli ultimi due secoli, e i suoi modelli politici sono un continuo scontro tra Autonomia, che significa indipendenza, ma anche una buona base di incertezza sociale, e Autorità, che significa dipendenza, ma anche una società regolata: si pensi a cosa la lotta tra fascismo e comunismo, entrambi due mostri monoteisti nella visione di Berlin, abbia significato in termini di morti e miserie per il secolo passato.
Così libertà, giustizia, efficienza, equità, carità, creatività, bellezza, conoscenza, e tutti gli altri valori, non possono stare insieme. I valori sono plurali (ma non infiniti), e non tutti possono sempre convivere. Scegliere significa assumersi la responsabilità di una continua perdita in valori.
A questo punto Berlin ci racconta una storia illuminante, che è la storia del pensiero umano, è la storia di un pensiero che da Platone in poi pensa ad un mondo in cui tutti i valori possano convivere pacificamente, è la storia delle Utopie, delle Età dell'oro, dei Paradisi, in cielo o sulla terra, delle Atlantidi o Città del sole, è la storia di una filosofia politica che nel mondo occidentale è sempre stata monoteista. Ma Berlin ci insegna che un mondo siffatto non esiste, che i valori non possono convivere in una medesima società, ma che ci si deve confrontare con la loro pluralità, che una società che imponga i suoi valori, non è una società giusta, ma semplicemente una società monoteista e oppressiva: il pluralismo non è solo un fatto, ma anche un valore che è necessario difendere: esso è il primo baluardo in difesa delle libertà di ognuno, le istituzioni devono conformarmi ad esso. Ma questa storia, la storia lunga di Utopia, il succo del libro, la lascio leggere a chi vorrà iniziare questi saggi, e scoprire qualcosa di più di quel legno storto che, nella definizione di Immanuel Kant, è l'umanità.
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