Appunti su "Se una notte d'inverno un viaggiatore" (seconda parte)
Italo Calvino,
Se una notte d'inverno un viaggiatore
Mondadori, 1979
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La cornice del Viaggiatore si articola su una serie di romanzi inconclusi, di cui Calvino ci presenta soltanto gli incipit interrompendoli in momenti di notevole suspense. Si tratta di dieci “embrioni di romanzo” appartenenti a generi diversi, così classificati dallo stesso autore sulla scorta della classificazione di Angelo Guglielmi nella sua recensione del ’79: “Un romanzo tutto sospetti e sensazioni confuse; uno tutto sensazioni corpose e sanguigne; uno introspettivo e simbolico; uno rivoluzionario esistenziale; uno cinico-brutale; uno di manie ossessive; uno logico e geometrico; uno erotico-perverso; uno tellurico-primordiale; uno apocalittico-allegorico” (dichiarazione avvenuta durante una conferenza tenuta all’Istituto italiano di Cultura a Buenos Aires nel 1984).
Ognuno di questi romanzi è, nelle intenzioni di Calvino, un “apocrifo”, un libro cioè che s’immagina sia stato scritto “da un autore che non sono io e che non esiste”. È un’idea che tenta anche lo scrittore in crisi Silas Flannery, alter ego di Calvino, ma l’impresa della creazione dei dieci apocrifi risulta fallimentare: per quanto sperimenti generi diversi, saggiando con ironica sapienza narrativa gli espedienti più in voga della narrativa di consumo, Calvino finisce con l’essere irrimediabilmente riconoscibile. Il marchio d’identità di Calvino, per questi romanzi interrotti, sta nell’essere tutti (nessuno escluso), dei metaromanzi, così come è scopertamente metaromanzesca la cornice che li lega: una tecnica, rintracciabile sin dal Cavaliere inesistente, che plasma la materia narrativa come se il romanzo fosse scritto proprio nel momento in cui è letto; tecnica che insiste sul particolare pittorico delle emozioni, che si stratificano come pennellate. L’io dei meta-romanzi interrotti racconta la sua storia come qualcosa di consapevolmente letterario, soffermandosi sul gioco di forze e colori: non di rado, suscita un emozione o un dato insieme di sensazioni descrivendo il modo in cui vorrebbe che queste si materializzassero sulla pagina.
Di fatto, queste si materializzano: la stazione di Se una notte d’inverno un viaggiatore (il primo frammento di romanzo) emerge a malapena dalle nebbie e tra queste rimane sospesa; le perverse percezioni, analitiche fino allo spasmo, del protagonista di Sul tappeto di foglie illuminate della luna si susseguono sulla pagina come “la sensazione d’ogni singola foglia di gingko”.
La gioia (impura perché contaminata dall’autocoscienza, ma sempre alla ricerca di una leggerezza ritenuta necessaria e possibile) della narrazione e della lettura, dunque, si fa un tutt’uno in questo romanzo, del quale la migliore definizione resta quella data dal suo autore, in quella conferenza del 1984: “È un romanzo sul piacere di leggere romanzi”.
Un piacere che non ci abbandona, ma si completa, quando il Lettore pronuncia la sua ultima battuta: “Ancora un momento. Sto per finire Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino”.
Laura Ingallinella