La legge del più forte
Maria Gangemi
Montag (collana Le Fenici), 2009
L’aborto è un tema sempre scottante, capace di far nascere divergenze e scontri accesi. Si tratta di scontri di carattere medico, giuridico, religioso, ma anche socio-culturale.
È soprattutto in quest’ultimo ambito che si muove il brevissimo romanzo di Maria Gangemi, La legge del più forte. E' di un vero e proprio romanzo a tesi, che presenta una trama semplice, quasi un exemplum in cui tutti i personaggi (in fondo, anche la protagonista) sono statici come cristalli, preordinati in un quadro attento affinché riflettano le reazioni possibili di fronte a una gravidanza. Francesca, diligente studentessa di un piccolo paese calabro, incontra il suo Dorian Gray, l’algido pittore Samuel, molto più grande di lei. Ma l’intento di Maria Gangemi non è certamente quello di descrivere una sconvolgente storia d’amore; Samuel è semplicemente un’ombra di passaggio, che insieme a una gravidanza “indesiderata” lascia a Francesca la possibilità di crescere. Il centro del romanzo è tutto in questa nettissima presa di posizione pro-life: e crescere significa per Francesca scontrarsi con tutti gli antagonisti che cercano di convincerla che quel bambino è un errore tutto meno che indelebile.
La legge del più forte pone un problema, acre e bruciante, sin dalle prime pagine: “Ecco perché si discuteva tanto di interruzione di gravidanza (…) eppure se ne parlava con tanta discrezione, come di un semplice e corretto intervento medico che favoriva la salute fisica e psicologica della donna, ma nessuno parlava mai di quei bambini tirati fuori con la forza e lasciati morire anche quando miracolosamente nascevano vivi e piangevano e imploravano aiuto, a modo loro.”
Fortissimo il senso morale che anima queste pagine, e anche la vena polemica verso chi chiude gli occhi e si volta dall’altra parte, o verso chi usa due pesi e due misure. “Essere costretta ad ascoltare quei discorsi mi faceva fremere dentro”: è la coscienza di Francesca che parla, con una lucidità e una maturità che non riesce a trovare né in sua madre, nei suoi coetanei, nei medici.
La lotta di Francesca, risoluta anche quando si trova sola a dover giustificare la sua scelta, è in fondo il racconto della conquista della libertà, per il bambino che porta in grembo ma anche per sé stessa: “…e dopo, quanto mi sarei sentita infelice! Quel bambino era una parte di me, uccidendolo, avrei ucciso una parte di me stessa”. La lezione morale che Maria Gangemi ci comunica attraverso La legge del più forte è semplice e coraggiosa: le voci di paese corrono veloci ma con altrettanta velocità si disperdono, e l’unica cosa che resta, davvero, la più forte, è l’amore di una madre per il proprio figlio.
Presto l'intervista all'autrice.