Piccolo mondo novecentesco: la Bellano di Andrea Vitali
Almeno il cappello
di Andrea Vitali
Milano, Garzanti, 2009
Pp. 408
finalista al Premio Campiello 2009
Mi hanno sempre detto di essere il più possibile oggettivi nelle recensioni, ma cosa fare per un libro che ti coinvolge totalmente e che pensi abbia toccato l’apice in piacevolezza e sapienza narrativa? Specialmente se, diciamocela tutta, la trama è quanto di più originale abbia letto negli ultimi anni: un incrocio di vite paesane, pettegolezzi ed esperienze quotidiane, vissute da personaggi ben oltre le righe. Allora mi scuso, cerco di recuperare un po’ di obiettività e chiedo perdono se da questa pagina trasparirà troppo il mio entusiasmo.
Il cosiddetto ‘pretesto letterario’ viene dalla formazione di un Corpo Musicale come si deve a Bellano, paesino sul Lago di Como, nei primi decenni del Novecento. E qui si inizia a far conoscenza coi vari personaggi, tutti con un loro carattere particolare, secondo il quale rispondono (e reagiscono) sempre con coerenza, di pagina in pagina. Per quanto siano caratterizzati e riconoscibili per loro qualità o difetti specifici, le macchiette e i personaggi un po’ picareschi non scadono mai in caricature grottesche. Al contrario, ci si affeziona subito, anche grazie alle vicende che l’autore sapientemente interrompe nei momenti di suspense, per poi riprenderle al momento giusto.
Ora, potrebbe venire un dubbio: non si rischia di perdersi, in mezzo a tanti nomi, un po’ come nei classici russi? Assolutamente no. E ve lo dico così, ancora sbalordita da questa insolita scoperta: i vari personaggi agiscono in modo così autonomo e credibile da essere tutti protagonisti, e tutti memorabili per qualche loro peculiarità. Ma non sono, attenzione!, storie distinte: le loro vite corrono sulla carta (e, si badi, uso “correre” proprio perché sono svelte, dinamiche), tutte in contemporanea, verso la costituzione di un corpo musicale degno di nota. Il bello è che, a parte questa breve suggestione, la trama non è affatto riassumibile, perché tante (mai troppe) sono le vicende intrecciate. Ne ricorderò solo un paio per farvi assaggiare cosa sia questo romanzo. Al ragioniere Geminazzi, futuro direttore del corpo bandistico, e alla sua numerosissima famiglia accadono imprevisti gustosi, tutti dominati dall’equivoco. L’ubriaco suonatore Nasazzi, talentuoso primo clarino e da poco vedovo, contrae (proprio come una malattia) il secondo matrimonio con una virago,la Noemi, che cercherà di redimerlo dai suoi peccatucci alcolici a suon di ceffoni. La formosa Armellina rifugge la corte degli uomini del paese, perché vuole trovare un marito che non badi solo alla sua procace scollatura. Un podestà ambiguo, il Parpaiola, un po’ come tutti gli uomini politici d’ogni tempo, cerca di avvallare le spese per il corpo bandistico, ma ogni volta resta compromesso dalle sue parole o dalle situazioni più disparate,… Tradimenti, morti, amori, amicizie, invidie, maldicenze, chiacchiere,…
Non manca neanche un consapevole e giocoso, per quanto rispettoso, rimando alla tradizione letteraria: così, per esempio, a tutti verrà in mente come la pettegola Scudiscia (si noti il nome parlante!) ricordi la Perpetua di Don Abbondio, e alcune scene rimandino addirittura alla notte "degli inganni e dei sotterfugi" di manzoniana memoria. O ancora, gli stessi nomi e cognomi nascono da una scelta attenta a consapevole, sempre originale, molto spesso divertente perché rispondente al carattere del personaggio. Su tutto, domina l’artificio antichissimo dell’equivoco: i diversi punti di vista e i fraintendimenti sono tra le parti più gustose del libro, perché il lettore è sempre reso partecipe delle diverse prospettive, così verosimili da portare a una risata di gusto per le loro conseguenze strampalate, da commedia classica.
Sapientemente, Vitali sa come interrompere e riprendere le vicende: sebbene il narratore sia esterno e non commenti quanto accade, più volte si ha comunque l’impressione di una strizzatina d’occhio. Viene preferito il capitolo brevissimo, di qualche pagina al massimo, e molto spesso l’inizio di uno fa da raccordo col precedente, in una sorta di struttura prosastica “capfinida”. Altre volte, si commenta una vicenda dal punto di vista di un altro personaggio, creando così una polifonia piacevolissima, sempre saggiamente intarsiata con gli eventi. Tutta questa splendida riproduzione di vita quotidiana non sarebbe possibile se non fosse accompagnata da uno stile sciolto e capace, sempre appropriato al contesto. Vitali è un vero affabulatore, un po’ come un cantastorie del Duemila, la cui fantasia non si accontenta di una sola storia, ma è generosa, e sceglie un paese.
(Infine, visto che ho travolto i canoni di una onesta recensione, vorrei per una volta lodare il risvolto di copertina: sintetico ma sufficiente a minacciare il lettore che troverà davanti a sé un libro come se ne leggono pochi oggigiorno, dominato dal piacere del racconto, senza paura di uscire dal già detto).
GMG