Racconti dell'età del rap di Alessio Pracanica
(Ed. Creativa)
I 22 racconti che compongono il libro di Alessio Pracanica - Racconti dell'età del Rap - possono essere intesi come una chiave per accedere gradualmente nella mente poliedrica del suo autore: si inizia il percorso con le divertenti riletture storiche dell'enigmatico sorriso della Gioconda (Mon sourire), dell'arrivo dei troiani sulle spiagge italiche (Il figlio di Troia) o le amletiche e surreali domande del protagonista di Hommes 40 chevaux 8. Si crede di essere capitati in un contesto di ironia e nonsense, ma quando ci si rilassa iniziano le emozioni forti. E non si tratta più solo di episodi storici raccontati con proprietà della materia tra il serio e il faceto, ma di storie passate, presenti e future che scavano dentro gli orrori e le nevrosi, un po' introspettive, un po' pulp, un po' fantascientifiche. Racconti ben scritti, ben circostanziati: un lavoro notevole visto che sono ambientati in epoche e luoghi diversi. Alcuni estremamente goliardici (Zia Susanna che vive sotto un tavolo), altri di grande impatto emotivo, come Grand Hotel Saigon e Il mostro di Morodia. Tutti però caratterizzati da una garbo che rende accettabili anche argomenti molto forti.
Solitamente i racconti si gustano un po' per volta, ma i Racconti dell'età del rap sono come le ciliegie, uno tira l'altro, fino alla fine del libro.
Ecco le sue risposte ad una veloce intervista.
Due parole su di te e sul tuo approccio al mondo della scrittura
Ho 40, mi chiamo Alessio Pracanica e vivo in Sicilia. Il mondo della scrittura per me è stato innanzitutto il mondo della lettura. Amando la letteratura, ho sognato di farne parte, finchè il sogno non si è avverato.
Quando e perché hai iniziato a scrivere?
Prestissimo, intorno ai dodici anni. Il perché non saprei. Mi sembrava naturale farlo ed avevo delle cose da dire.
Cosa significa per te scrivere?
Scrivere è un atto divino. Lo scrittore è l’essere più vicino alla divinità che esista. Solo lui decide gli eventi, se un personaggio girato l’angolo vince alla lotteria o gli scoppia un tumore al cervello. Ripeto: scrivere non ha niente di umano. Scrivere bene, almeno.
Quali sono i tuoi libri del cuore?
Tanti, troppi. Il Don Chisciotte innanzitutto, poi Oblomov, I Miserabili, Dracula, tutto Saramago, ma sono solo esempi. Pasolini per la poesia, Calvino per la prosa, ma quelli bravi sono davvero troppi, per elencarli tutti.
E quelli che non leggeresti mai?
Non c’è un libro che non andrebbe letto. Anche il Mein Kampf di Hitler. Mi ha insegnato come NON bisogna scrivere e soprattutto come NON bisogna pensare.
Il libro più bello che hai letto negli ultimi tre anni?
Il Don Chisciotte, ovviamente. Lo rileggo spesso. Per me è come il Robinson Crusoe, per il maggiordomo de “ La pietra di luna”. Di recente ho letto un romanzo bellissimo “ La fossa comune” di Alessandro Bastasi.
E quello che ti è piaciuto di meno?
Ho un certo talento nella scelta dei libri. Non compro mai cose che non mi piacerebbero.
Cosa ti piace e cosa no dell’editoria italiana attuale?
Unica risposta per due domande divergenti: è un panorama di macerie, prima o poi ci toccherà rimboccarci le maniche e ricostruire.
E del panorama culturale italiano d’oggi?
Idem
Film preferito?
The Kingdom di Lars von Triers
La canzone del cuore?
Il motore del sentimento umano, Ivano Fossati.