Giuseppe Prezzolini, l'anarchico conservatore
di Gennaro Sangiuliano
introduzione di Vittorio Feltri
Mursia, 2008
Con uno stile asciutto e una buona dote documentaristica, Gennaro Sangiuliano (vicedirettore TG1) ripercorre la vita di Giuseppe Prezzolini, dalla sua nascita alla sua morte. La biografia di un uomo, un intellettuale a tutto tondo e anche un imprenditore culturale, che è un po’ la biografia di un secolo d’Italia: l’Italia post-risorgimetale, quella della prima guerra mondiale, quella delle riviste letterarie, del ventennio e quella del dopoguerra e della ricostruzione. La biografia di un uomo che ripercorre 100 anni di storia di una nazione vista da dentro e vista da fuori.
Nel 1907 insieme a Giovanni Papini fonda il Leornardo, rivista di arte e impegno che vede l’uscita di pochi esemplari ma che ci introduce alla successiva esperienza de La Voce del 1908 che si proporrà un maggiore impegno nel civile: rivolgersi a quante più persone possibili per sprovincializzare l’Italia, rinvigorirne lo spirito, svecchiare l’università. Contribuire al formarsi di una nazione che esiste solo in teoria e che tentenna tra privilegi, banalità e corruzione. La Voce sarà uno dei più rumorosi centri dai quali si sosterrà l’entrata dell’Italia nella Prima guerra mondiale, vista come una necessità, per Prezzolini, al fine di dimostrarne il valore umano e spirituale dell’essere nazione, riuscendo però a non scadere mai nella retorica bellicista. Curzio Malaparte disse che La Voce fu “serra calda del fascismo e dell’antifascismo”: Papini, Soffici, Slataper, Jahier, Salvemini, Croce, Gentile, Cecchi sono alcuni degli intellettuali che collaborarono a La Voce, non senza ostilità.
Prezzolini è stato il primo promotore in Italia, insieme a Soffici, degli impressionisti francesi. Ha introdotto alla filosofia di Bergson, si è accorto di Pareto, ha condiviso una forte amicizia culturale con Croce, frantasi sulle divergenze riguardo l’interventismo.
Prezzolini non ha mai conseguito la laurea, disdegnò sempre un percorso di studi regolare, eppure è stato un emerito docente della Columbia University. Ed è negli Stati Uniti, dove ha passato 30 anni, che ha potuto vivere quel conservatorismo liberale che lui sognava per l’Italia. Quel conservatorismo che non è reazione, bensì senso critico, osservazione, ponderazione, non infatuarsi per la novità, consapevolezza di doveri, rispetto. Senso civico e morale. Laicità dello Stato. Attenzione ai valori e sano nazionalismo.
Antifascista e anticomunista era giudicato fascista dai togliattiani per il suo interventismo e nazionalismo passati e perché lo stesso Mussolini si formò sulle pagine del Leonardo e de La Voce; se ne andò però dall’Italia appena avvertì che si stava costruendo uno stato totalitario, nonostante lui in quelle circostanze avrebbe potuto godere di alti privilegi (per l’amicizia con Mussolini) tranne quello della totale indipendenza.
Occhio critico verso l’Italia del malcostume e della trascuratezza e del menefreghismo passò gli ultimi anni della sua vita a Lugano e quando tornò nel 1982 a ritirare il Premio Penna D’oro l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini gli chiese perché non tornasse in Italia. La risposta fu in pieno stile prezzoliniano: “Presidente non si preoccupi: torno in Italia ogni giovedi per comprare la verdura”.
Prefazione di Vittorio Feltri e inserto fotografico con copertine di libri dell’autore.
F. Mercanti