Valeria Cereda
Aletti Editore, 2010
€ 12.00
pp. 46
Il pesce abissale: come iniziare, se non da questo titolo affascinante? Un titolo che connota un elemento quotidiano (pesce) con un aggettivo denso di significato, che già allude alla poesia che si leggerà: una poesia d'immersione in sé, per comprendersi ma anche per interpretare il mondo.
E da questa necessaria introspezione emerge poi la poesia di Valeria, in componimenti molto eterogenei per contenuti e anche, necessariamente, per stile. Infatti, se non mancano componimenti dedicati a presenze animali (si pensi anche solo al titolo, ma anche alla poesia d'apertura Allodola o a Lupo Grigio), più versi sono occupati dall'io-lirico che vive, scopre e risponde a interrogativi non presentati nelle poesie. Mi riferisco in particolare a Dachau, che affronta una problematica ben nota, ma anche a testi più intimi, dall'Altra me alla toccante Per Elisa. E poi non mancano testi-dedica a un "tu" anonimo ma ricorrente, a cui si indirizzano amore, speranze, dubbi.
A queste prove, si intrecciano poesie metaletterarie, che si interrogano sulla poesia, sulla figura della scrittrice (con chiari rimandi autobiografici). Vediamone un esempio in L'opera:
L'egocentrica scrittrice
Che volge il suo sguardo
Su quadri lividi
Contaminati
Da riflessi di voci
Di certi geni
Che non osi rimirare
Con l'aria risoluta
E l'animo ignorante
Flagellata dalla svogliatezza
D'opere
Di giorno adulate
Vivo nel disordine
Nella mia ordinata pelle.
In questo testo si riflettono alcune delle caratteristiche ricorrenti nell'opera, a cominciare dall'uso della maiuscola (e viene spontaneo domandarsi se dipenda da una scelta autoriale o editoriale), la predilezione per un verso breve, a volte brevissimo, l'uso parco (qui quasi inesistente) della punteggiatura; è sempre adottata una misura versale libera, cui si accompagna la preferenza per componimenti brevi (anche più brevi di questo).
Per quanto riguarda l'uso lessicale, occorre ricordare che nella nostra contemporaneità è difficile trovare la misura esatta tra rocamboleschi recuperi di lessico tradizionale e appiattimenti di vocaboli quotidiani. Così, non meraviglia di incontrare qualche riesumazione letteraria, ma non è assolutamente fastidioso, né risulta a mio parere una scelta intellettualistica: al contrario, la precisione con cui l'autrice cerca sempre un solo aggettivo da accorpare al sostantivo, indirizza la sua scelta lessicale verso una consapevole e attenta selezione.
Interessante, per quanto non sempre felicissima, la sperimentazione di frasi che, ambiguamente, potrebbero essere riferite al verso precedente o al successivo. Più efficace, l'impiego frequente di sintassi nominale e delle forme impersonali.
Dunque, da questo breve assaggio della poesia del Pesce abissale si comprende la complessità nascosta dietro alla apparente semplicità dei testi. Se Valeria riuscirà a trovare tra le tante vie qui sperimentate la forma a lei più congeniale, credo che nei prossimi anni sentiremo parlare di questa giovane poetessa.
GMG