La sindrome di Bob Dylan
di Emanuele Podestà
€ 8,00
pp. 103
E’ la storia di un viaggio, un viaggio nel tempo, un viaggio per cambiare gli eventi, per fermare un assassino ma, in fondo, un viaggio per vivere un momento d’amore, dire quello per cui non si è avuto il coraggio, fare quello che non si è riusciti a fare, sperando che un gesto mancato possa cambiare tutto. La vita stessa.
Tra me e questo libro c’è stata una particolare attrazione, a prima vista: il titolo, la copertina, la consistenza della carta, la posizione dei segni grafici tra le pagine. Mi è sembrato subito un libro vero e credo ci sia molto di personale in questo racconto.
Eppure un tema così profondo e, a mio avviso, doloroso, sembra essere stato nascosto in una storia surreale e, a tratti, divertente, a partire dal serial killer motivo del viaggio.
Sì perché questo giovane autore di 23 anni alla seconda pubblicazione (chapeau!) ha avuto l’irriverenza di inventare un personaggio, l’Iconoclasta, con il “vezzo” di uccidere scrittori di fama. Così scompare Baricco, via Camilleri, addio anche a Faletti, il tutto sotto gli occhi di un Moccia deluso per non essere stato preso in considerazione!
L’Iconoclasta sceglieva bene le sue vittime. Non sapete quanto F. Moccia ci rimanesse male. Cosa avevano i A. Baricco e compagnia scrivente più di lui? Non chiedetelo a me, io leggo altra roba, io sono ancora più intransigente dell’Iconoclasta.
Non è un giallo, non è un thriller. Forse è una storia d’amore con la sua dose di sofferenza, lacrime, incapacità di rassegnarsi alla realtà della vita, dove il percorso è solo e sempre in avanti. E spesso non c’è una seconda occasione.
Si ricomincia, ecco il viaggio: viaggerò nel tempo e riviaggerò nel tempo. Fin quando troveremo il momento della storia, nello spazio, nelle nostre vite, passato e futuro, in cui Andreea mi bacerà.
Tanti spunti di riflessione ma anche molto gioco, dove per gioco intendo l’aver percepito il divertimento nello scrivere. Continui sono i dettagli, le note a piè di pagina che creano “confusione” tra Emanuele, l’autore, ed Emanuele, il protagonista, fino a chiedersi dove sia il limite tra racconto e invenzione. A volte sembra che Emanuele Podestà si diletti a prendere in giro il suo alter-ego-scrittore.
Interessante lo stile, sicuramente non convenzionale e molto piacevole.
In ogni pagina si trovano riferimenti, più o meno celati, a letteratura, poesia, storia, filosofia, fisica, cinematografia…e viene da domandarsi: ma siamo sicuri che l’autore sia nato nel 1987? Poi la musica, tanta musica…un brano abbinato ad ogni capitolo, una colonna sonora per ogni fase della storia. Così come nella vita. E non manca, di certo, la sorpresa finale.
Ho impiegato solo un giorno a leggerlo e, cosa che non accade quasi mai, lo sto rileggendo. Questa volta con calma, senza la foga di andare avanti e capire che cosa succede. Leggo con il computer accanto ed internet, alla ricerca.
Non è un libro scontato e richiede una forte compartecipazione del lettore chiamato a immedesimarsi nel protagonista e scegliere il suo viaggio, la sua meta, perché “la vita non conta se non si corre dietro a qualcosa”.
Sono certa che molti di quelli che decideranno di leggere questo strano romanzo, ad un certo punto – tra la prima e l’ultima pagina – capiranno, come me, di avere la sindrome di Bob Dylan, la sindrome di noi viaggiatori.
Silvia Surano
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