di Ottiero Ottieri
Guanda, Parma 1999
pp. 146
€ 12.00
Trascuravo un particolare: perché avrebbe dovuto amarmi? Perché non si sa mai. (p. 10)
Per disintossicarsi dall’alcol e dalle tante nevrosi (così violente da rasentare la psicosi), l’intellettuale Filippo Ciai viene condotto dalla moglie a Cery, casa di cura svizzera. Ma nulla è come sembra: l’ambiente manicomiale, disinfettato, bianco e impersonale, viene invaso dalla vitalità scomposta di Filippo, che non esita a proiettare sulle degenti e sulle infermiere i suoi più riposti desideri erotico-sentimentali. Per quanto il protagonista (e io-narrante) provi delle immediate infatuazioni, le donne in questione non sapranno mai – o intuiranno soltanto – il trasporto di Filippo. I pensieri, infatti, sono affidati a lettere lunghe e articolate ma non consegnate alle destinatarie: l’uomo immagina incontri galanti alternati a complimenti e corteggiamenti, tra pensieri giustapposti senza seguire una particolare successione logica, flashback sulla vita passata,… La corrispondenza è intervallata da divertenti quanto grotteschi episodi di ribellione di Filippo, che si sottrae alla disintossicazione cadendo in ripetute ubriacature e conseguenti malesseri per le vie silenziose e ordinate, in pieno stile elvetico.
Questi diversi piani narrativi si intrecciano e si confondono in paragrafi talvolta ambigui, separati gli uni dagli altri dallo spazio bianco, ma non sempre marcatamente riconoscibili.
Ottiero Ottieri |
Il desiderio compulsivo di bere è costantemente intrecciato all’altrettanto compulsivo rapporto con questi amori platonici, in cui Filippo ripone la speranza di una svolta. Ma Filippo, ottenebrato a volte dal binomio alcol-sesso, è un uomo acuto, acculturato e informato sulle recenti tecniche psicanalitiche: non sorprende quindi che riesca a prevedere le mosse dei medici, e a esprimere di tanto in tanto il suo scetticismo. Inoltre, è uno scrittore, come si lascia più volte intendere e, anche a Cery, è chiamato a scrivere ogni giorno un buon numero di pagine di romanzo, a scopo curativo. Non mancano riflessioni metaletterarie, infilate qua e là, senza alcuno scopo di dissimulazione: e proprio in questo si potrebbe ravvisare la spia più forte del forte autobiografismo dell’opera. Per tutte queste e altre motivazioni il personaggio di Filippo si può considerare alter-ego di Ottieri, che gli consegna l’oneroso compito di congedarsi dalle scene con quest’ultimo romanzo e di intessere tra le pagine un sottile ma innegabile testamento letterario.
Per quanto riguarda le scelte stilistiche, l'Ottieri di Cery è un autore ormai affermato, che ha resistito alla prova del tempo, e che predilige la paratassi secca, per frasi talvolta sentenziose, che racchiudono principi di vita e di saggezza ampiamente condivisibili. Ma è anche uno scrittore della contraddizione, che non esita ad accostare scene marcatamente grottesche ad altre che rasentano il lirismo per la loro complessa e scabra verità esistenziale. Se già il libro è decisamente apprezzabile come lettura a sé, lo si comprende maggiormente se si denudano senza indugi i tanti rimandi intertestuali all'intera produzione dell'autore e al suo pensiero perverso.
GMG