La Purga
di Sofi Oksanen
ed. Guanda
pp. 393
euro 17,50
Estonia, primi anni Novanta, poco dopo la fine della dittatura sovietica, Aliide Truu, un’anziana contadina, trova nel cortile di casa una giovane donna, cenciosa, infangata, con una gonna occidentale e pantofole sovietiche. «La gonna della ragazza era davvero troppo bella per venire da uno di quei pacchi (“della solidarietà” che arrivavano in parrocchia dall’Occidente. n.d.r.). Non era del posto». Zara, la ragazza che sembra capitata lì per caso, è, invece, legata ad Aliide da un legame antico e doloroso, da tragedie familiari le cui radici affondano negli anni delle «purghe», della resistenza dei «fratelli della foresta» (i partigiani estoni) ai russi. Una foto che ritrae Aliide con Ingel, la sorella che aveva fatto spedire in un Gulag con la figlia Linda, perchè Hans Pekk aveva scelto e sposato Ingel anziché lei, è l’anello di congiunzione della catena. Proprio come quella che ha appesa all’orecchio la donna ritratta sulla bella e incisiva copertina di Guido Scarabottolo.
Il romanzo di Sofi Oksanen, la giovane scrittrice finlandese di origine estone, vincitore dei più importanti premi letterari finlandesi, si svolge su due piani temporali che si rifrangono continuamente: gli anni ‘40 dell’occupazione sovietica e le purghe staliniane, e quelli ‘90 dell’indipendenza, ma anche della povertà e della violenza. Narrando le vicende delle due donne, Aliide e Zara, e della complessità e la drammaticità della loro storia famigliare, la Oksanen ci fa conoscere un Paese, l’Estonia, descrivendolo in due momenti storici delicati e disperati.
La scrittura è ruvida come lo sguardo che rivolge alle donne umiliate e castigate, o agli uomini violenti e crudeli. La storia ha in incedere feroce, virile, determinato, come un animale che ha puntato la sua preda.
Con la freddezza e la precisione di un bisturi la scrittrice lacera il velo che copre il volto delle due donne, che procedono a testa bassa per nascondere agli occhi degli altri la loro espressione, la vergogna per quello che hanno fatto, per quello che sono state costrette a fare, per non riconoscersi nello sguardo di altre donne che hanno subito le stesse violenze, che sono state sfruttate sessualmente, che sono state rinchiuse negli scantinati del KGB.
Il libro sembra a tratti un noir, a tratti un reportage sull’Est Europa, ma sempre un romanzo sulla bellezza e sullo sforzo per raggiungerla anche quando sembra impossibile.
Luisa Roberto