di Stefano Lorefice
Eumeswil, Broni 2010
pp. 142
€ 15,00
Il giorno della Iena è un libro irriassumibile, difficilmente afferibilie a un unico genere, altrettanto complesso da commentare. Tuttavia, è così facile e piacevole alla lettura che non posso dispensarmi dallo spendervi qualche parola.
Il libro - per le sue componenti ibride non parlerò di romanzo - è fondato su un mistero che parrebbe indirizzare verso il thriller o il poliziesco, ma concretamente le microstorie racchiudono molte altre sfaccettature, che vanno dal drammatico al sentimentale, dal trash al noir. Tutti i capitoli sono intitolati con il nome dei personaggi (o il loro ruolo sociale) e una notazione cronologica tra parentesi, che fa riferimento a un fatto di cronaca X che potremmo riassumere con la citazione che compare in quarta di copertina:
la pistola, lei, l'ho puntata su di me, tu sorridi che sicuramente non ne ho il coraggio e mi chiedi come andrà oggi.
I capitoli sembrerebbero rapportarsi strettamente a questo, che crederemmo un evento fondamentale ai fini della narrazione. Bene, non è così: il fatto X è un mero pretesto letterario, costruito per raccordare le varie storie, tra loro molto variegate, che vivrebbero benissimo anche autonomamente; così come i personaggi, tra loro diversissimi. Queste eterogeneità portano ad accostamenti antitetici, che volutamente provocano stridori e fastidi. Oltre che a livello semantico, queste dissonanze (mai stonature) si esplicitano nello stile, cui Stefano Lorefice dà estrema importanza: la caratterizzazione dei personaggi passa sempre attraverso le loro parole (perlopiù ci troviamo davanti a io-narranti), i dialoghi e gli stereotipi della nostra società (si veda, ad esempio, la fastidiosissima ma purtroppo diffusa iterazione dell'intercalare "voglio dire" che entra prepotentemente in quasi tutti i periodi del capitolo "Fattore Lomo").
Se da un lato domina lo slang di un italiano regionale con prelievi dal gergo della malavita, dall'altro l'autore sa quando invertire il tono, e dare ai suoi personaggi un alone di inaspettato lirismo, come nel bellissimo capitolo "Sono stato neve", in cui il protagonista arriva a metafore che sfuggono da ogni banalità:
Vedi, sono le scene finali che rimangono impresse, prima potresti anche metterci un'unica sequenza di silenzio [...]. E' inutile, perfettamente inutile chiudere gli occhi, cercare di svegliarsi e riprovare la partenza. No. Non funziona così. Come con la neve fresca: il piede ce lo appoggi e affonda. Una sola volta. Se vuoi tornare indietro e lo vuoi fare senza lasciare impronte, devi ripercorrere i tuoi passi. E non sei più libero di calpestare, di affondare, di sentire che oltre a te, sotto, c'è qualcosa che cede. E ti senti intontito, perché il bianco attorno è uguale, ma tu non sei più libero di scegliere la strada, come quando eri partito. (pp. 71-72)
Le aspettative e le ipotesi del lettore vengono continuamente disattese, affondando tutti i capitoli in un barile di mistero, che non viene mai a galla completamente. E ancora, il lettore non fa in tempo ad affezionarsi a un personaggio, che la sua vita sulla pagina finisce, per dare spazio alla successiva. In questa non caotica ma senza dubbio personale costruzione narrativa, si possono leggere il desiderio di creare maggiore suspense e, soprattutto, una concezione plurima del reale, tutta costruita sulla polifonia, con grande verosimiglianza.
GMG
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Stefano Lorefice è nato nel '77 a Morbegno (SO). Si occupa di parole e di fotografia. Ha pubblicato per le Edizioni Clandestine Cosmo Blues Hotel, L'esperienza della pioggia (Campanotto), Budapest Swing Lovers (Ed. Clandestine), Prossima fermata Nostalgiaplatz (Ed. Clinamen). Inoltre ha partecipato alle antologie Tempo Scaduto (Eumeswil) e Dammi spazio (Ed. Il foglio).
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