Il 6 ottobre del 1978 moriva Silvano Paganelli.
“Era un ladro di sensazioni. Si nutriva di sguardi, di gesti e di particolari emotivi. Tutto ciò alimentava la sua poesia in qualunque momento della giornata, della vita o della storia. La sua pittura nasceva, poi, direttamente dalla poesia, ne era figliastra e viveva solo grazie agli inserimenti poetici, sia materici che frasati”.
Ho preferito che a raccontare di lui fossero le parole di un amico vero, Danilo. In fondo io di Silvano – lo chiamo per nome perché lo sento vicino - conosco solo la poesia e la triste scomparsa. 32 anni fa, come la fragile Nancy di De André, cercò la sua serenità gettandosi dal quarto piano, lasciando dietro di sé una scia di fogli e appunti che gli amici hanno voluto pubblicare.
Non ho intenzione di scrivere una recensione. In tutta sincerità non credo di poter riuscire ad analizzare con spirito critico i componimenti.
Le mie parole, piuttosto, vorrebbero essere un piccolo omaggio a questo animo sensibile, la cui capacità di esternare i tormenti interiori ancora mi commuove.
Ho conosciuto Silvano Paganelli leggendo una sua poesia stampata sulla tovaglia di un’osteria di Ancona, un angolo affascinante che trasuda calore, cultura e buon vino, per la quale lui stesso, nel lontano 1978, scelse il nome.
Continuavo a leggere e rileggere quelle poche righe, come sperando che ne comparissero altre. E così è stato perché la sera stessa avevo in mano una sua raccolta, Per scala e pagliai. A questa sono seguite le altre, Circolo, Ammesso traffico locale e Affittasi poeta a tempo pieno uso racconto…, il caro regalo di Danilo.
“Era un ladro di sensazioni. Si nutriva di sguardi, di gesti e di particolari emotivi. Tutto ciò alimentava la sua poesia in qualunque momento della giornata, della vita o della storia. La sua pittura nasceva, poi, direttamente dalla poesia, ne era figliastra e viveva solo grazie agli inserimenti poetici, sia materici che frasati”.
Ho preferito che a raccontare di lui fossero le parole di un amico vero, Danilo. In fondo io di Silvano – lo chiamo per nome perché lo sento vicino - conosco solo la poesia e la triste scomparsa. 32 anni fa, come la fragile Nancy di De André, cercò la sua serenità gettandosi dal quarto piano, lasciando dietro di sé una scia di fogli e appunti che gli amici hanno voluto pubblicare.
Non ho intenzione di scrivere una recensione. In tutta sincerità non credo di poter riuscire ad analizzare con spirito critico i componimenti.
Le mie parole, piuttosto, vorrebbero essere un piccolo omaggio a questo animo sensibile, la cui capacità di esternare i tormenti interiori ancora mi commuove.
Ho conosciuto Silvano Paganelli leggendo una sua poesia stampata sulla tovaglia di un’osteria di Ancona, un angolo affascinante che trasuda calore, cultura e buon vino, per la quale lui stesso, nel lontano 1978, scelse il nome.
Continuavo a leggere e rileggere quelle poche righe, come sperando che ne comparissero altre. E così è stato perché la sera stessa avevo in mano una sua raccolta, Per scala e pagliai. A questa sono seguite le altre, Circolo, Ammesso traffico locale e Affittasi poeta a tempo pieno uso racconto…, il caro regalo di Danilo.
Io ho paura di te - più precisamente timore della tua inafferrabile dolcezza. Quello che ti offro è il tutto per il tutto. Puoi darlo? Cioè puoi darmelo? Non ci sarà mai l'occasione per saperlo. Perchè non ammetteremo lo spazio di tempo per capire la realtà di raccontarci quello che sentiamo. Sfida o comprensione??? |
Ma Per scala e pagliai rimane la mia preferita. In essa, seppur manca la voce del poeta a raccontarla, è racchiuso molto di lui. La grafia prima di tutto. Il libro, di carta spessa e grezza, è stato stampato riproducendo fedelmente la scrittura di Silvano, piacevoli e morbidi tratti di inchiostro che non rallentano né rendono difficile la lettura. Semmai la arricchiscono di emozione e di dettagli. Paganelli, oltre che poeta, era un pittore, e lo era anche nello scrivere. I segni grafici, i piccoli schizzi, finanche le correzioni, che spesso si incontrano, hanno un significato poetico mai casuale.
Tra le pagine ritroviamo il racconto delle sue giornate. Gli anni per le vie di Firenze, il periodo nella Brianza così lontana dal suo essere, la passione per Ancona. I racconti, messi in versi, sono veri e genuini, quasi palpabili. Ricorrono i nomi degli amici e compagni di avventure, delle strade, dei locali. Immagini vere di una vita intensa e tormentata. A volte si legge di cene goliardiche, di risate e buon vino; altre volte di riflessione su tematiche politiche e sociali.
dopo-dopo cena
.... quando la pioggia entra nella ferita del desiderio il cuore
si bagna di speranza —
ho appeso il mio al tuo filo e attendo che asciughi
in questo disperato lavaggio la falsa morale si è sciolta
ed ha lasciato un odore di quasi subito
ma se non ci sei tutto è coperto di triste e di
quasi tristezza ..........................
Ma Silvano parla principalmente dell’amore. Anzi, parla all’Amore, scrive alla fonte e scopo del suo sentimento, della sua passione e dei suoi desideri, carnali e spirituali. Come se l’amata fosse lì davanti a lui ad ascoltare il suono della sua voce in un bisogno forte e viscerale di condivisione quotidiano. O forse immediato, ogni ora, ogni minuto.
Racconta la vita vista attraverso i suoi occhi, filtrata da un sentimento profondo che mette ordine, che dà uno scopo a quel vivere, a quel vedere, a quel sentire, ma che allo stesso tempo ferisce nell’animo. Punto di inizio e punto di partenza di un cerchio attorno alla sua vita, e alla vita di tutti.
Un circolo.
Perfetto percorso
della mia matita
che torna a chiudersi
su quel punto
dove ci sdraiammo.
Un circolo.
In armonia
la linea si richiude.
Tra poco le mie labbra
sigilleranno la tua voce.
Silvano Paganelli è diventato il mio poeta. Difficile spiegare il perché. Così come difficile è scegliere, tra i tanti, solo alcuni versi che possano raccontare di lui meglio di come abbia potuto fare io.
Quel che sento non te lo dirò più. Te lo donerò invece
nel tormento del mio sguardo spalancato.
Seguimi con i tuoi grandi occhi aperti e saprai tutto
anche a distanza. Non importa spiegare il perché sono tuo
quando il respiro è parola. Quando anche più breve la
carezza è una frase definita. Il discorso è dentro.
Resta dentro di noi anche senza parlare - si dice.
Io ti sogno di giorno. E nel buio ti credo.
Non ci sono orologi per stabilire l'ora esatta di un incontro
c'è soltanto il bisogno di precipitare nel tempo avvolti nel
desiderio di un giorno qualunque. Celebrando l'anniversario
della mia prima volta.
Silvia Surano