di Alessandro D'Avenia
Mondadori, 2010
254 p., 19 euro
Leonardo, detto Leo, vive una vita abbreviata, come il suo nome: scuola, calcetto, motorino, iPod come solo i ragazzi sedicenni sanno fare. E’ un microcosmo, il suo, fatto di amici del cuore, versioni di greco e perifrastiche, con il terrore del “bianco”, cioè il nulla, la non identità. Fino a che una serie di incontri gli trasformeranno la visione e la percezione della realtà: il supplente di storia e filosofia, che gli insegnerà, suo malgrado, quanto possano essere potenti i sogni e Beatrice, la rossa Beatrice, che con la sua malattia, il cui solo nome è impronunciabile, lo trascinerà in un vortice di sentimenti, sensazioni ed emozioni a lui finora sconosciute e lo porrà di fronte all’eterna dicotomia tra la vita e la morte, la felicità e la disperazione, il rosso e il bianco.
Complimenti prof! Con Leo, Silvia e gli altri torniamo anche noi sui banchi di scuola in trepidazione e con il terrore di alzare gli occhi ed intercettare quelli dell’insegnante che implacabile scorre il dito sul registro per stanare la vittima sacrificale… E siamo coinvolti dal loro linguaggio incisivo e senza fronzoli, forse anche un po’ cinico, fatto di frasi corte ed essenziali, nel modo in cui solo gli adolescenti sanno parlare, dove si insinua, come una voluta d’incenso la percezione della complessità della vita e delle sfaccettature dei sentimenti. E’ un caleidoscopio che ti stordisce con i suoi colori e le miriadi di figure da cui non puoi e non vuoi staccare l’occhio.
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