Una strana amicizia
di Jean-Paul Sartre
Marinotti Edizioni, Milano 2010
pp. 128
€ 12,00
L'amicizia, a partire da Cicerone, è da sempre uno dei principali temi della letteratura. L'amicizia tra i due personaggi di questo straordinario racconto sartriano, Brunet e Schneider, sarà però molto diverso. Un'amicizia che infatti basa la sua affinità e i suoi scontri sull'appartenenza ideologica.
Brunet e Schenider sono entrambi rinchiusi in un campo di concentramento tedesco durante la II guerra mondiale dopo l'occupazione nazista della Francia cercando di mobilitare i prigionieri comunisti per la futura liberazione.
Ad un certo punto arriva nel campo Chalais che svela a Brunet il cambio di rotta del Pcus dopo l'accordo Molotov-Ribentropp e che, per questo, Schneider (che si chiama in realtà Vicarios) si dimesso dal Partito comunista francese ordinandogli di chiudere ogni tipo di rapporto con lui. Brunet, pur essendo molto combattuto, alla fine obbedisce agli ordini del partito. Con il proseguio del tempo la posizione sovietica si rivela per Brunet però incompatibile con i suoi valori e riallaccia l'amicizia con Schneider-Vicarios.
Questo racconto è una perfetta integrazione di autobiografia (Schneider ricalca infatti perfettamente la figura storica di Paul Nizan) e saggio storico che rappresenta pefettamente gli ideali di coloro che onestamente si trovarono a militare nelle fila comuniste durante la II guerra mondiale (ed oltre). Un'onestà che non viene incarnata da Chalais, che è uno vero e proprio atto d'accusa di Sartre nei confronti dello stalinismo, burocrate che pensa che il partito esprima sempre la verità. Non accettando per questo nessuna forma di eresia o di critica e negando, nei fatti, la base dialettica della nascita del comunismo elaborata da Karl Marx.
Ma il racconto di Sartre è anche molto altro. E', come dicevamo, la storia di un amicizia tra due militanti idealisti che alla fine ritroveranno un'amicizia che era stata persa per colpa di un dogmatismo inaccettabile. Le diversità che si erano palesate tra i due non erano infatti a causa di un "tradimento" da parte di Vicarios-Nizan ma proprio la difesa dei loro comuni ideali.
Consigliamo a tutti questo racconto di Sartre, avvisandoli però che se pensassero di trovare in esso una giustificazione al loro anticomunismo grazie alla critica nei confronti dello stalinismo che sbaglierebbero. In questo racconto Sartre, al contrario, rappresenta i veri ed autentici ideali comunisti (che vi furono) proprio nella figura dei due idealisti che, come tutti i sognatori, alla fine troveranno (in modo diverso) una fine tragica.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo, perché era disposto a cambiare ogni giorno, perché sentiva la necessità di una morale diversa, perché forse era solo una forza, un volo, un sogno, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita. Qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come più di se stesso, era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No, niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare, come dei gabbiani ipotetici. E ora? Anche ora ci si sente come in due: da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra il gabbiano, senza più neanche l’intenzione del volo, perché ormai il sogno si è rattrappito. Due miserie in un corpo solo.
(Giorgio Gaber - Qualcuno era comunista)
Rodolfo Monacelli
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