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L'arte michelangiolesca nel romanzo di Francesca Sanvitale

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L'inizio è in autunno
di Francesca Sanvitale
Einaudi, Torino 2008

€ 17.50
pp. 210

Una storia spesso nasce da un dettaglio, attorno cui si frastagliano le vicende, che spontaneamente dovrebbero poi moltiplicarsi, incunearsi, intrecciarsi, senza straripamenti o sfilacciature. Questo romanzo di Francesca Sanvitale, vincitore del Premio Viareggio nel 2008, è ispirato dallo scandalo del restauro della Cappella Sistina: a lavori  ormai conclusi nel 1994, si diffuse la notizia che l'intervento avrebbe forse compromesso per sempre la bellezza del Giudizio Universale michelangiolesco. 
La questione, successivamente insabbiata o smentita, è sedimentata nella memoria della scrittrice, che (come si legge in coda al romanzo) nel 2005 ha ripreso, sviluppato e romanzato la vicenda. Anche senza l'ammissione della Sanvitale, un lettore attento si sarebbe accorto che il nucleo centrale del romanzo è proprio il Giudizio universale di Michelangelo. Al cospetto alla sua potenza soverchiante, che genera pagine d'intensa descrizione e riflessione (specialmente al centro del libro), i personaggi sono minuscole sinopie senza colore.
La vicenda prende le mosse in settembre, in una Roma ancora deserta, minuziosamente descritta e, si deduce, amatissima dall'autrice. L'io-narrante Michele è uno psichiatra in crisi, che rivede in chiave problematica i tanti casi che ha risolto, in occasione della stesura di un manuale universitario. Divorziato e con una sorella che misconosce nonostante condividano la stessa casa, Michele cerca un punto fisso, una nuova "abitudine" che gli movimenti le ultime giornate d'estate. Elegge a luogo deputato un  ristorantino male illuminato e decadente vicino al centro, dove decide di tornare ogni sera. Ma non per il menù fisso: la sua attenzione è catturata da un cliente abituale, Hiroshi, per cui prova un'istintiva e irrazionale curiosità, mista a un'iniziale (solo iniziale)  impressione di rispecchiamento. Tra i due si stabilisce un'intesa, e subito Hiroshi trasporta Michele nel suo mondo: l'italo-giapponese è un importante restauratore, che vive con una bellissima moglie Karen e con Miriam, la sua ex moglie, nonché sorellastra di Karen. Ma non è solo il rapporto familiare stravagante ad affascinare Michele, quanto l'aura di mistero che riguarda i lavori di restauro della Cappella Sistina, a cui Hiroshi ha preso parte. Ogni volta che l'amico parla del Giudizio, accade un mutamento: Hiroshi è preso da continui malesseri, cui seguono reazioni isteriche e un nervosismo duraturo, intrecciati a un lampo di follia. Un misto di deformazione professionale e di curiosità morbosa porta Michele all'ossessione per il restauro del Giudizio, e le serate al tavolo con Hiroshi e la sua famiglia diventano un'appuntamento che polarizza tutti i pensieri dello psichiatra.
Ma si può osare un'ipotesi: questo incontro con Hiroshi e l'arte rompe la crosta della quotidianità apatica in cui Michele si era chiuso. E non sorprende che, in seguito, il protagonista si riscopra uomo, amante, amico, fratello e anche medico.

La storia, di per sé intrigante, non è però molto soddisfacente in fatto di narrazione: ci sono stacchi piuttosto violenti tra la vicenda di Michele e la descrizione (o dovremmo dire narrazione?) del Giudizio, come se la scrittrice svelasse (troppo apertamente) la precedenza data all'opera d'arte. Per non parlare del finale: continui flash temporali riassumono piuttosto noiosamente alcuni anni della vita di Michele, senza arrivare a una conclusione soddisfacente. Se l'inizio è in autunno, il finale è in un inverno di aporia narrativa.

GMG