Lolita
di Vladimir Nabokov
Adelphi Editore, 1996
pp. 395
€ 11,00
Prima edizione: 1955 (Olympia Press, Parigi)
Prima edizione italiana: 1959 (Mondadori, Milano - traduzione di Bruno Oddera)
Lo scandalo avviene nel momento in cui un’immagine moralmente inaccettabile colpisce la coscienza. È moralmente inaccettabile ciò che non si conforma alle abituali rappresentazioni umane, dunque, ciò che è insolito.
Sicuramente insolito, nella disabitudine visiva, può definirsi il rapporto tra Humbert -cacciatore patrigno- e Dolores -dodicenne ninfetta- .
John Ray (pseudonimo di Nabokov) dichiarò di trovare il linguaggio dell’opera Lolita, pur nella sua sensualità, del tutto privo di parole triviali e termini osceni. Infatti, il forbito professor Humbert racconta se stesso e le sue perversioni con eleganza e poeticità, occulta le sue stranezze con continue immissioni di parentesi ed elementi criptici, disprezza la volgarità diffusa con ricorrenti locuzioni francesi e giochi di parole.
Dunque, cos’è che rende il distinto e discreto signor Humbert tanto spregevole? Cos’è che scandalizza?
Il pensiero.
Non sono le azioni a renderlo abietto, non le parole conferite a Lolita o ad altri, ma la sua mente dominata da inconsce perversioni. Sono i meccanismi psicologici, magnificamente descritti da Nabokov, a spaventare il lettore impaurito dall’incontrollabile.
È forse la contraddittorietà del dato a provocare nel gretto Humbert l’istinto sessuale, l’opposizione tra l’immagine ideale e semidivina della ninfetta e il dato reale della volgare Dolores. O, potrebbe semplicemente essere, l’idea immateriale del candore che provoca il suo opposto.
È insolita, dunque, la modalità di trattare il sesso, è squisita la raffinatezza delle immagini e la potenza del sentimento.
Lolita è una storia d’amore.
Un amore viscido, raccapricciante, egoista e distruttore.
Nabokov, pur mantenendo alta la sensualità nel romanzo, ha smorzato attraverso il linguaggio e l’organizzazione narrativa, i rampolli dell’azione. Il linguaggio è ironico, a volte misterioso e sinestetico con frequenti iterazioni e ricercatezza lessicale. La ripetizione della “l” liquida nel nome Lolita, richiama la sensualità dell’acqua, plasma l’immagine delle fresche e nude ninfe Nereidi dell’antica Grecia .
La diversità dei linguaggi (quello colto di Humbert, il gergo di Lolita e l’uso inappropriato di francesismi da parte di Charlotte) contrassegna la multilateralità del reale etichettando i tipi sociali.
€ 11,00
Prima edizione: 1955 (Olympia Press, Parigi)
Prima edizione italiana: 1959 (Mondadori, Milano - traduzione di Bruno Oddera)
Si perdonerà all’autore del presente commento se egli ripete ciò che ha già sottolineato nei suoi scritti e nelle sue conferenze, e cioè che il termine “scandaloso” è spesso soltanto sinonimo di “insolito” .Così scriveva John Ray nella prefazione a Lolita di Vladimir Nabokov il 5 agosto 1955.
Lo scandalo avviene nel momento in cui un’immagine moralmente inaccettabile colpisce la coscienza. È moralmente inaccettabile ciò che non si conforma alle abituali rappresentazioni umane, dunque, ciò che è insolito.
Sicuramente insolito, nella disabitudine visiva, può definirsi il rapporto tra Humbert -cacciatore patrigno- e Dolores -dodicenne ninfetta- .
John Ray (pseudonimo di Nabokov) dichiarò di trovare il linguaggio dell’opera Lolita, pur nella sua sensualità, del tutto privo di parole triviali e termini osceni. Infatti, il forbito professor Humbert racconta se stesso e le sue perversioni con eleganza e poeticità, occulta le sue stranezze con continue immissioni di parentesi ed elementi criptici, disprezza la volgarità diffusa con ricorrenti locuzioni francesi e giochi di parole.
Dunque, cos’è che rende il distinto e discreto signor Humbert tanto spregevole? Cos’è che scandalizza?
Il pensiero.
Non sono le azioni a renderlo abietto, non le parole conferite a Lolita o ad altri, ma la sua mente dominata da inconsce perversioni. Sono i meccanismi psicologici, magnificamente descritti da Nabokov, a spaventare il lettore impaurito dall’incontrollabile.
È forse la contraddittorietà del dato a provocare nel gretto Humbert l’istinto sessuale, l’opposizione tra l’immagine ideale e semidivina della ninfetta e il dato reale della volgare Dolores. O, potrebbe semplicemente essere, l’idea immateriale del candore che provoca il suo opposto.
È insolita, dunque, la modalità di trattare il sesso, è squisita la raffinatezza delle immagini e la potenza del sentimento.
Lolita è una storia d’amore.
Un amore viscido, raccapricciante, egoista e distruttore.
Nabokov, pur mantenendo alta la sensualità nel romanzo, ha smorzato attraverso il linguaggio e l’organizzazione narrativa, i rampolli dell’azione. Il linguaggio è ironico, a volte misterioso e sinestetico con frequenti iterazioni e ricercatezza lessicale. La ripetizione della “l” liquida nel nome Lolita, richiama la sensualità dell’acqua, plasma l’immagine delle fresche e nude ninfe Nereidi dell’antica Grecia .
La diversità dei linguaggi (quello colto di Humbert, il gergo di Lolita e l’uso inappropriato di francesismi da parte di Charlotte) contrassegna la multilateralità del reale etichettando i tipi sociali.
Il romanzo indignò gran parte dell’opinione pubblica non per il modo di trattare la materia , ma per la materia stessa.
Nabokov scrive per raccontare, aspira alla voluttà estetica e giudica poco opportuna in letteratura, e in particolare nel suo libro, l’identificazione con i personaggi, la ricerca di una legge educativa o morale.
Un libro è quello che è senza significati metalinguistici.
In conclusione, a quanti si domandano il senso morale, Vladimir Nabokov dichiara nella postfazione del suo capolavoro (12 novembre 1956) che
Isabella Corrado
Nabokov scrive per raccontare, aspira alla voluttà estetica e giudica poco opportuna in letteratura, e in particolare nel suo libro, l’identificazione con i personaggi, la ricerca di una legge educativa o morale.
Un libro è quello che è senza significati metalinguistici.
In conclusione, a quanti si domandano il senso morale, Vladimir Nabokov dichiara nella postfazione del suo capolavoro (12 novembre 1956) che
Lolita non si porta dietro nessuna morale. Per me un'opera di narrativa esiste solo se mi procura voluttà estetica(…).Chi ha il senso e il culto del bello sacrifica ad esso anche i valori morali.
Isabella Corrado
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