di Lisa Crystal Carver
Quarup, Pescara 2010
con traduzione di Ilaria Rigoli
revisione e note di Valerio Murri
Edizione originale: Drugs are nice. A post-punk memoir (2005)
pp. 267
€ 13,90
Mi sento come mi sentivo da bambina. Mio padre esigeva da me completa devozione e completa indipendenza. Ma le due cose non possono stare insieme. Poi c'era mia mamma: col sangue che le usciva dal naso, dalle gengive, dai punti di sutura, ma sempre pronta ad allungare una mano per darmi un ceffone. [...] Se rimanevo, sarei morta per asfissia; se me ne andavo, l'avrei uccisa. Per quel che mi riguardava il mondo intero non era che una trappola. Non c'era via di uscita per me. L'unica possibilità di azione era serrare gli occhi e vedere un mondo inesistente, per non vedere quello che esisteva. (p. 132)
Lisa Crystal Carver, autrice americana di culto, porta nella sua scrittura la stessa forza dirompente che negli anni '90 aveva caratterizzato il suo gruppo punk, le Suckdog. Lisa non sa cantare e non sa recitare; eppure canta e recita. Vita e musica si intrecciano in questa autobiografia fuori dal coro, a tratti dissonante, cacofonica quanto le sperimentazioni del gruppo, che portano in scena atti sessuali, episodi di violenza e irrisioni contro il pubblico, in un postmoderno teatro degli orrori. La trivialità bassa, concreta e dissacrante, sempre scioccante, è però asservita a messaggi sociali e culturali più alti. Sottesi, un pessimismo spesso nichilista e il gusto per l'affronto ai valori tradizionali.
Ma Lisa non si limita a vivere sul palco questa provocazione; la sua stessa vita è spiazzante, un perfetto mix di autodistruzione e ricerca di «inconsistenza». Amori sbagliati con persone stravaganti, strane, disadattate e talvolta pericolose, riflettono un complesso edipico mai risolto; amicizie sballate e a volte unilaterali cercano di rimpiazzare il rapporto deviato ed emotivamente carente coi familiari. E poi ci sono i vari tour, portati avanti per quasi tutti i Paesi degli States, e oltreoceano; i periodi di pausa e di problemi economici, in catapecchie con un futon e qualche scatoletta; i seminterrati pieni di smog; la nascita della fanzine «Rollerderby» e le caterve di lettere dei fans; il desiderio costante di scrivere; le violenze, i rapporti sessuali deviati, le sbornie e il fumo, le pasticche. Addirittura, Lisa per un certo periodo sceglie la prostituzione come unica via per privarsi della propria interiorità e assumere continuamente diverse identità.
Il cd da cui il libro prende il titolo |
Finché arriva Wolf, figlio avuto da Boyd, artista fallito, alcolista e accusato di essere neonazista. Il bambino, gravemente ammalato e bisognoso di costanti cure, opera in Lisa una trasformazione via via più evidente. Il senso di responsabilità di madre porta Lisa a lottare contro la sua stessa attrazione irrazionale per Boyd, e a strappare i legami con tutto ciò che è pericolo e sregolatezza, pur mantenendo quel filo di originale stravaganza.
Una bohemienne contemporanea, si potrebbe dire; ma una bohemienne che sprezza il valore della vita, pur restando affascinata dalle piccole cose che la compongono. Lasciarsi vivere è spesso preferito al vivere, segnato invece da scoppi di rabbia feroci.
Più volte, lo ammetto, la potenza provocatoria di Lisa mette a dura prova, specialmente se si è digiuni o quasi da letture simili. Eppure qualcosa avvince: forse è la capacità rara di ribaltare i punti vista, forse la curiosità un po' morbosa, forse la carnalità brutale e fortemente sessuale; forse un sogno artistico che non si spegne, nonostante tutto; forse la speranza che in tanto caos alla fine si trovi una strada meno sozza e polverosa. O forse è la scrittura di Lisa, che mescola l'asciuttezza di Fante ai contenuti anticonvenzionali alla portata di un Bukowski o di un Miller. O forse è proprio la spontaneità e la naturalezza del dettato; la schietta e brutale sincerità con cui Lisa si dona al pubblico:
Cerco di non scrivere come una "buona scrittrice" ma come se stessi raccontando qualcosa che non vedo l'ora di raccontare a una persona che sa già tutto di me e alla quale piaccio lo stesso. (p. 139)
Tanti sono i possibili motivi; quel che è certo: il libro rapisce dalla prima all'ultima pagina. Ma non è un viaggio indolore, anzi! Si esce cambiati, schifati e inteneriti allo stesso tempo, certamente soggiogati dalla personalità originalissima della protagonista. Bisogna però essere disposti a sfidare le lame della violenza e dell'ira, tra turpiloquio, volgarità, cinismo e disfattismo. Non è quindi un libro per tutti: appagagherà solo il lettore alla ricerca di emozioni forti, aperto a scoprire un mondo-inferno estremo a suono di punk.
Gloria M. Ghioni
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