Lucifer over London
di Antonello Cresti
Aereostella (2010)
pp. 269
€ 20,00
di Antonello Cresti
Aereostella (2010)
pp. 269
€ 20,00
La mia recensione non può che essere diversa dalle altre che, sullo stesso testo, potreste trovare in rete. Per un semplicissimo fattore: come si evince dal sottotitolo, Lucifer over London è un libro che tratta di musica industrial, folk apocalittico e controculture radicali in Inghilterra, materia di cui io sono (rectius ero) assolutamente digiuna. Ma c’è di più: non amo e non ho mai amato questo genere musicale e la sua forma espressiva estrema, radicale, a volte sconfinante nell’occultismo o, addirittura, nel satanismo.
Certa, però, di avere dei pregiudizi in merito, ho comunque accettato di buon grado questa sfida, spinta dalla mia solita curiosità e dalla voglia di capirci qualcosa in più e, come forse prevedevo, è stata una sorpresa.
L’excursus storico presentato da Antonello Cresti, il racconto delle esperienze musicali e artistiche dell’Inghilterra a partire dagli anni ’70, il ritrovare tra le righe nomi a me noti come Battiato, Beatles, Led Zeppelin, riferimenti a compositori come Wagner, al pensiero di Thomas More o alla filosofia di Francis Bacon, mi hanno convinta che, dietro ad una genere a me così lontano, ci fosse una storia comunque complessa e interessante.
Ma la rivelazione più grande è stato proprio l’oggetto di questo lavoro: la musica. Antonello Cresti mi ha dato l’occasione di ascoltare album e gruppi che non sapevo nemmeno esistessero e di cui, in alcuni casi, ho anche apprezzato le interpretazioni: i Throbbing Gristle, per esempio, definiti come i “pionieri del movimento industrial”, gli stranissimi Penguin Cafe Orchestra o, ancora, i Bonzo Dog Doo-Dah Band con il loro prendersi gioco dei vari generi musicali.
Di certo da domani non inizierò ad ascoltare Current 93, Death in June, Sol Invictus o Coil ma avrò sicuramente un approccio più aperto, e giustamente critico, nei confronti di un genere musicale che non è solo eccesso e provocazione. Come ha ben evidenziato l’autore nel capitolo conclusivo di questo saggio, qui non si sta parlando dei personaggi attuali che sfruttando il trend giovanile per provocare e guadagnare. Stiamo parlando di un’intera cultura, della sperimentazione di nuovi canali per esternare il pensiero decadente, l’ossessione di un popolo per la crisi, la caduta, la fine.
Certa, però, di avere dei pregiudizi in merito, ho comunque accettato di buon grado questa sfida, spinta dalla mia solita curiosità e dalla voglia di capirci qualcosa in più e, come forse prevedevo, è stata una sorpresa.
L’excursus storico presentato da Antonello Cresti, il racconto delle esperienze musicali e artistiche dell’Inghilterra a partire dagli anni ’70, il ritrovare tra le righe nomi a me noti come Battiato, Beatles, Led Zeppelin, riferimenti a compositori come Wagner, al pensiero di Thomas More o alla filosofia di Francis Bacon, mi hanno convinta che, dietro ad una genere a me così lontano, ci fosse una storia comunque complessa e interessante.
Ma la rivelazione più grande è stato proprio l’oggetto di questo lavoro: la musica. Antonello Cresti mi ha dato l’occasione di ascoltare album e gruppi che non sapevo nemmeno esistessero e di cui, in alcuni casi, ho anche apprezzato le interpretazioni: i Throbbing Gristle, per esempio, definiti come i “pionieri del movimento industrial”, gli stranissimi Penguin Cafe Orchestra o, ancora, i Bonzo Dog Doo-Dah Band con il loro prendersi gioco dei vari generi musicali.
Di certo da domani non inizierò ad ascoltare Current 93, Death in June, Sol Invictus o Coil ma avrò sicuramente un approccio più aperto, e giustamente critico, nei confronti di un genere musicale che non è solo eccesso e provocazione. Come ha ben evidenziato l’autore nel capitolo conclusivo di questo saggio, qui non si sta parlando dei personaggi attuali che sfruttando il trend giovanile per provocare e guadagnare. Stiamo parlando di un’intera cultura, della sperimentazione di nuovi canali per esternare il pensiero decadente, l’ossessione di un popolo per la crisi, la caduta, la fine.
…ma non deve sfuggire che la lezione specifica contenuta nella musica di questi artisti risiede altrove, ed è una lezione talmente atipica e profonda che non si esaurirà per ancora molti anni a venire. E con essa restano, ovviamente, tante brillanti intuizioni e tante sonorità prima sconosciute.
Continueranno a esistere musiche che sono veicolo di messaggi sociali ed esistenziali, ma le modalità utilizzate dalle personalità che abbiamo analizzato resteranno difficilmente imitabili e riproducibili e le loro visioni più profonde continueranno a ispirare le scene contro culturali.
Mi scuso con Antonello, che ho conosciuto di persona, se il mio commento non può andare oltre il semplice racconto del piacere di leggere. Non ho l’esperienza e le conoscenze specifiche per poter entrare nel merito di questo saggio. Posso solo dire che la semplicità di scrittura, il tono diretto e ben cadenzato e la grandissima mole di informazioni che aprono spiragli per nuove ricerche, hanno reso la lettura di questo libro un’esperienza estremamente interessante. Tra le parole scritte si può palpare la forte passione che c’è stata nell’affrontare la ricerca, lo studio e la stesura.
Di tutto questo ho avuto piena conferma quando ho incontrato Antonello, personaggio – così credo sia corretto definirlo – disponibile, simpatico e, soprattutto, eccentrico proprio come la Gran Bretagna di cui racconta.
Spero di averlo presto ospite per una bella intervista!
Silvia Surano