di Andrea De Carlo
Bompiani, Milano 2011
pp. 568
€ 18.50
Il bisogno di evasione porta a volte a tornare sui propri errori, e a ricascarci. In questo periodo di stress, la proposta di un'amica di leggere l'ultimo De Carlo ha trovato da parte mia una perplessità fragile, facile da demolire. E così, cinque minuti dopo avevo in mano le quasi seicento pagine di Leielui (da scriversi attaccato, non come ho visto spesso fare online! Si controlli banalmente il frontespizio). Confesso di essere partita senza aspettative: cercavo sentimento, divertimento e relax (ebbene sì, difficile ammetterlo per chi, come me, studia letteratura ogni giorno!); d'altra parte, temevo di incappare in un flop come Mare delle verità, che non aveva proprio nulla a che fare con i precedenti romanzi, leggeri, scorrevoli, senza particolari pretese e, forse proprio per questo, più sorprendenti del previsto.
In effetti, l'inizio è ben promettente, per quanto non innovativo. Un vero e proprio scontro fa incontrare i protagonisti: lui è Daniel Deserti, scrittore di successo in un momento di empasse, cinico ed egocentrico, seduttore dallo sguardo scaltro, grande sensibilità dietro l'apparente durezza; lei è Clare Moletto, italo-irlandese trasferitasi dal Canada a Milano per seguire un amore poi naufragato, attualmente fidanzata con un avvocato borghese e rassicurante, ma per nulla appagata, donna dai grandi sogni e dal lavoro modesto, femminile ma energica, romantica e indipendente.
Un capitolo a lei e un capitolo a lui: il narratore esterno dedica tutte le sue attenzioni a uno dei protagonisti, focalizzando le reazioni e gli atteggiamenti con un acuto scandaglio psicologico. Per le prime trecento pagine, su per giù. Poi qualcosa cambia. Paradossalmente, quando il classico tira-e-molla ha qualche evoluzione, la tensione si allenta in modo clamoroso, provocando sbadigli e attese di una svolta. Svolta difficile da trovare, poi. Per quanto la mia sia solo un'illazione, sembra che nel testo ci siano davvero molte parti di troppo, riempitivi decisamente inutili ai fini della comprensione dei personaggi e della vicenda. Alle punte di originalità si alternano baratri di sconforto, come se un rumore di fondo turbasse la piacevolezza del romanzo. O come se - mi sia permesso l'azzardo - De Carlo avesse un numero predefinito di pagine da riempire, in un modo o nell'altro. In tal caso, non posso biasimarlo: cinquacentosessantotto pagine sono decisamente tante per una storia d'amore contemporanea.
Diluiti nel liquido ora limpido ora melmoso dell'opera, si trovano temi cari a De Carlo, come la critica alla mentalità di una certa borghesia conformista e sterile, o l'attenzione all'ambiente sociale in cui i personaggi agiscono. Potrebbe essere interessante chiedersi se dietro a Daniel Deserti si celi in qualche aspetto lo stesso autore, ma la sovrapposizione rischierebbe di farsi speciosa. Sarebbe molto più produttivo scoprire quanto gli editor abbiano agito sul testo, e quante volte i correttori di bozze si siano addormentati sulle pagine di De Carlo, lasciando così veri e propri orrori grammaticali e ortografici (refusi, a detta di qualcuno, ma fastidiosi e da emendare assolutamente nella prossima ristampa, come l'h di troppo a pag. 164, la costruzione discutibile a pag. 469,...).
Poi ci sono i dialoghi. Inizialmente brillanti, verosimili, sciolti come in una conversazione quotidiana; poi terribilmente noiosi, veri e propri gossip e luoghi comuni, che purtroppo affogano anche quelle battute più soddisfacenti.
L'estrema incostanza del romanzo e il disequilibrio tra la parte iniziale e la dilatazione finale rendono il romanzo a volte arrancante, a volte godibile. Solo chi ha tanto tempo libero a disposizione e una larga tolleranza può, a mio parere, non sentirsi deluso o non provare l'estrema tentazione di fare "zapping" per le pagine, saltando qualche paragrafetto. Per una volta, restituirò senza rimpianti un libro al mittente.
Gloria M. Ghioni
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