Incontro con Bettina Pousttchi
Accademia della Belle Arti, Sassari
23 marzo 2011, h. 10.30
Incontro organizzato dalla Scuola di Dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali
Introdotta dalla professoressa Altea, docente di Storia dell'Arte Contemporanea presso l'ateneo sassarese, Bettina Pousttchi ha portato nell'aula magna un crescente interesse per la sua opera. Artista poliedrica, di origini tedesco-iraniane, Bettina Pousttchi esordisce come fotografa, ma rivolge i suoi interessi anche alla scultura, all'architettura e alle più moderne forme di installazioni.
In particolare, l'artista ci ha parlato in un inglese fluente del progetto Echo, che l'ha occupata nel 2009. Si tratta di un'impresa ambiziosa ("megalomane", a detta di alcuni), che per sei mesi ha cambiato l'aspetto della Schlossplatz di Berlino, città dove vive la Pousttchi. La piazza, infatti, ospitava prima il grande Palazzo della Repubblica, distrutto dopo un lungo dibattito che ha coinvolto l'intera Berlino. Nell'enorme vuoto lasciato dalla sua demolizione, sono apparsi i ruderi del castello originario (che si pensa di ricostruire) e una costruzione temporanea, destinata a ospitare per due anni mostre e installazioni. L'edificio, piuttosto scarno ed essenziale, con una facciata di cinquanta metri di lunghezza, è stato ricoperto dalla Pousttchi da 2000 metri quadrati di fotografie, ovvero 970 poster fotografici che riproducevano la facciata translucida del precedente Palazzo della Repubblica. Unico cambiamento: sulla facciata, al posto del simbolo di falce e martello, è comparso un orologio analogico, dall'aspetto piuttosto futuristico, che segnava le due meno cinque (su questo tornerò). Non si trattava di una provocazione, ma di un omaggio alla memoria cittadina, che ha facilmente riconosciuto nell'opera della Pousttchi il palazzo distrutto.
L’artista ha anche documentato le trasformazioni della natura, attorno alla Kunsthalle, nonché alla trasformazione fisica dei poster attraverso le stagioni (l’installazione è durata fino al febbraio 2010). Potete trovare i documenti fotografici sul sito dell’artista, segnalato a piè di pagina.
Altro merito del progetto è stato riaprire a Berlino il dibattito sociale: cosa sta diventando la nostra città? Come vogliamo che i cambiamenti incidano nel futuro?, dibattito che si era interrotto all’improvviso con la demolizione del Palazzo.
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Gli interessi di Bettina non si fermano neanche alla fotografia, ma sono approdati alla scultura: come non ricordare, ad esempio, la sua presenza alla Biennale di Venezia? Un motivo che la rende ben riconoscibile, è la barriera e, in particolare, la transenna, simbolo di contenimento, confine, nonché dei limiti imposti dalle istituzioni. La barriera è però reinterpretata: portata inizialmente in un interno, quindi alterando la sua funzione, poi viene posta su una sorta di piedistallo, a dimostrare la sua elezione a elemento estetico e scultoreo. Anche l’aspetto subisce mutamenti: le transenne sono intrecciate, le loro linee nude si fondono e si aggrovigliano, si piegano e serpeggiano fino a terra, in forme inattese. Non mancano anche omaggi ad artisti contemporanei,
Alla Biennale, ad esempio, all’esterno era presente una scultura con queste transenne in cristallo trasparente, a dimostrare la loro fragilità ma anche la pericolosità: si rompono facilmente, è vero, ma feriscono.
L’artista, rispondendo per quasi un’ora alle decine di domande che ha posto il pubblico dopo l’incontro, ha ammesso di avere in programma molti altri progetti, e che presto altre opere urbanistiche porteranno il suo nome.
Nell’attesa, gustiamoci il suo sito web:
Gloria M. Ghioni
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