Anelli di fumo
di Ario Gnudi
Pendragon, 2008
pp. 215
euro 14, 50
Io sono nata nel 1976, quando gli anni '60 erano ormai finiti da un pezzo. Mia madre, invece, proprio in quel periodo era una bella ragazza dagli occhi azzurri e dal fisico sinuoso, ma purtroppo, relegata in casa da un padre severissimo, non ha potuto vivere la sua gioventù con un minimo di gioia e di spensieratezza. Date queste premesse, posso affermare di non conoscere praticamente nulla degli anni '60, tranne quello che posso ricostruire da film e libri.
La lettura di questo gradevolissimo romanzo, Anelli di Fumo, mi ha consentito di "tuffarmi" in un universo sconosciuto ma affascinante, colorato e vivo come non mai. L'autore del libro, Ario Gnudi, ripercorre la sua adolescenza e la sua giovinezza, trascorse a Bologna, sua città natale, in una sorta di amarcord carico di ricordi, di volti, di profumi e sensazioni.
Le feste danzanti in casa di un'amica, le canzoni, il giradischi, i primi batticuori, i primi turbamenti e approcci sessuali. Un adolescente pieno di vita e ansioso di fare le sue prime esperienze, le estati spensierate e i problemi scolastici, risolti con un pizzico di inventiva e di furbizia. Ario Gnudi prende per mano il lettore e lo trascina in una sorta di universo parallelo, in un mondo passato che incanta e coinvolge più del moderno. In questo spaccato di realtà Internet non esiste, così come non esistono i cellulari; ci si parla ancora guardandosi negli occhi, le emozioni sono più vere, più autentiche, e la vita assume dei colori più vividi.
Al centro delle attenzioni del giovane Ario, oltre al cinema, alla musica e allo sport, ci sono le ragazze.
Vanna, belllissima, somigliante a Claudia Cardinale, esuberante e vivace, rappresenta l'approccio al semisconosciuto mondo della sessualità. Un'esperienza caretterizzata dalla voglia di esplorare, dal bisogno di esprimere la vitalità repressa, anche se il ricordo di quella "prima volta" è leggermente venato di amarezza e di delusione.
La sessualità è un richiamo forte, un bisogno impellente, che nel corso di quegli anni viene vissuto con gioia, con entusiasmo e con un pizzico di incoscienza.
Le donne sono sensuali e dotate di gambe strepitose come la supplente di tedesco, ammalianti e con un fisico statuario come Tatiana, avvenenti, meravigliose e dolci come Anna, quella che Gnudi stesso definisce "la donna della sua vita", ma che la forza degli avvenimenti e le circostanze avverse allontanano troppo presto, e che viene quindi ricordata con nostalgico rimpianto.
Man mano che il giovane Ario acquista sicurezza in se stesso e affronta con crescente fiducia la vita, superando il tanto temuto esame di maturità e iscrivendosi alla facoltà di Veterinaria, viene a contatto, nel suo percorso, con le più svariate compagnie di giovani, tutte accomunate da una goliardica voglia di vivere, quella euforia che caratterizzava l'Italia degli anni '60, e ancor di più la Bologna degli anni '60.
I personaggi sono spesso descritti con simpatia e con bonaria ironia; traspare l'intenzione dell'autore di rendere al meglio quel clima di allegria e di ottimismo in cui si muoveva la gioventù bolognese, e, al contempo, di mostrare quello che si rivela essere il suo atteggiamento nei confronti della vita: aperto alle nuove esperienze, allegro, non scevro di fiducia nelle proprie possibilità, e, mi si consenta e perdoni l'espressione, un po' "furbetto".
Non mancano, tuttavia, i ricordi amari o tristi, come quelli legati alla malattia della madre o alla morte della giovane cugina Maria Cristina e dell'amato nonno. Ma la vita vince; la vita che offre sempre nuove emozioni e nuove sfide. Il libro si conclude con la rievocazione dell'estate del '68, così piena di novità e di cambiamenti per la società occidentale, ma che per Ario consiste soprattutto in un tenero e nostalgico ricordo amoroso.
Intenso, allegro, coinvolgente, ricchissimo di citazioni cinematografiche e musicali, questo romanzo mi ha "catturato" fin dalle prime pagine, anche grazie al suo stile scorrevole e fluido. Una lettura che ho apprezzato molto e che mi ha dato modo di scoprire una realtà che prima ignoravo, e che mi ha fatto rimpiangere di non essere nata prima e di non aver vissuto in prima persona quei magici anni Sessanta.
Irene Pazzaglia
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