di Paolo Nori
Einaudi, Torino 2010
€ 16.00
pp. 170
Vivere senza essere veramente parte del giorno. Bisogno di osservare altri, di interpretare, ipotizzare, fantasticare su una quotidianità diversa dalla propria. E gli altri parlano, sperimentano, rischiano: non resta che cercare di partecipare alle loro vite, attenendosi rigidamente al ruolo di spettatore mai completamente straniato, mai però attante. Così è l'io-narrante Bernardo, scrittore al verde, collezionatore di dettagli, padre di una bambina di quattro anni (che sarà sempre chiamata "una bambina di quattro anni"), vicino di casa dell'avvenente Nina e di Giovanni, bizzarro genio incompreso che studia il teletrasporto. Una coppia stravagante, tutt'altro che convenzionale, che entra più volte in contatto con Bernardo, e ne influenza i pensieri. Al punto che Bernardo si sente coinvolto nella loro stessa parabola amorosa, cui assiste consolando Giovanni e, dall'altra parte, plaudendo alla possibile libertà sentimentale di Nina. E un sottile interesse per la vicina di casa traspare da tutte le attenzioni di Bernardo, ma non ci sono tentativi di approccio, né prese di coscienza. Bernardo non si parla e non si ascolta, è un vero e proprio inetto contemporaneo: non cerca di uscire dalla palude in cui si è arenato, forse perché non ne è nemmeno pienamente conscio; né rifugge del tutto la compagnia dei vicini e dei loro conoscenti, pur criticandoli e cercando di prendere le distanze in astiosi attacchi di misantropia. Illuminante, ai fini della piena comprensione del protagonista, la seguente citazione:
Einaudi, Torino 2010
€ 16.00
pp. 170
Non so. E' stato come se, non so, come se io, a un certo punto, dovendo fare qualcosa di questi due ragazzi che vivevano sopra di me, mi fossi convinto che Giovanni e Nina avessero bisogno di me, e, a un certo punto, avessi cominciato a recitare la parte di quello che aveva gli strumenti e la voglia e i mezzi per aiutarli a venir fuori da... da cosa? Dall'acquisto di un frigo. O dalla riparazione di una bicicletta. O dall'organizzazione di un festival dei Malcontenti. (frammento 145, p. 95)
Vivere senza essere veramente parte del giorno. Bisogno di osservare altri, di interpretare, ipotizzare, fantasticare su una quotidianità diversa dalla propria. E gli altri parlano, sperimentano, rischiano: non resta che cercare di partecipare alle loro vite, attenendosi rigidamente al ruolo di spettatore mai completamente straniato, mai però attante. Così è l'io-narrante Bernardo, scrittore al verde, collezionatore di dettagli, padre di una bambina di quattro anni (che sarà sempre chiamata "una bambina di quattro anni"), vicino di casa dell'avvenente Nina e di Giovanni, bizzarro genio incompreso che studia il teletrasporto. Una coppia stravagante, tutt'altro che convenzionale, che entra più volte in contatto con Bernardo, e ne influenza i pensieri. Al punto che Bernardo si sente coinvolto nella loro stessa parabola amorosa, cui assiste consolando Giovanni e, dall'altra parte, plaudendo alla possibile libertà sentimentale di Nina. E un sottile interesse per la vicina di casa traspare da tutte le attenzioni di Bernardo, ma non ci sono tentativi di approccio, né prese di coscienza. Bernardo non si parla e non si ascolta, è un vero e proprio inetto contemporaneo: non cerca di uscire dalla palude in cui si è arenato, forse perché non ne è nemmeno pienamente conscio; né rifugge del tutto la compagnia dei vicini e dei loro conoscenti, pur criticandoli e cercando di prendere le distanze in astiosi attacchi di misantropia. Illuminante, ai fini della piena comprensione del protagonista, la seguente citazione:
Era come se le cose avessero cominciato a diventare di sabbia. Tu le toccavi, si polverizzavano.
Non si poteva metter le mani da nessuna parte.
Bisognava star fermi.
(frammento 210, pp. 132-133)
E della fissità Bernardo fa una risorsa per osservare, valutare e, probabilmente, annotare. Il risultato è I malcontenti: romanzo senza essere veramente un romanzo. La stessa curiosità randomica del protagonista si ritrova nella struttura dell'opera: si tratta di frammenti numerati, che seguono un ordine zizagante, non cronologico, né costituiscono un intreccio unitario e coerente. Si procede per accostamenti, richiami e semplici folgorazioni; spesso un intero frammento è occupato da battute di dialogo che terminano con una svolta inaspettata, e trasudano gusto aforistico: tra questi, sono godibili le parti dedicate a "una bambina di quattro anni", che ha la sua logica semplice e una strabiliante saggezza infantile. Qui e là si ritrovano caratteri tipici da scrittura diaristica: oltre ai fatti quotidiani e all'evoluzione della storia tra Nina e Giovanni, ricordi d'infanzia e di viaggio, riflessioni generali sull'uomo e sul mestiere della scrittura,. La frammentarietà viene però contraddetta dal contesto: la presenza di dettagli apparentemente fatui rende necessario reinterpretare il tutto alla luce dell'intera opera, o sfuggono chiavi di lettura e rimandi a frammenti precedenti.
Un'ultima riflessione merita la scrittura di Paolo Nori: trattasi di stile senza essere rispettoso della norma grammaticale. I frammenti trasudano oralità, e così si aggrovigliano frasi scisse, brusche interruzioni del discorso, riprese lessicali e sintattiche, che polivalenti, accordi verbali discutibili, paratassi a iosa, ... Così la presunta spontaneità del testo è risultato di una ricerca spasmodica della scorrettezza e uno schiaffo a qualunque ricerca di "bello stile". A tratti geniale, a tratti urticante.
Gloria M. Ghioni