L'invenzione di Morel
di Adolfo Bioy Casares
Bompiani, Milano 2007
1^ edizione: 1940
€ 6.50
Il mondo della letteratura fantastica è variegato quanto complesso: alla sua base riposa una contraddizione tipica dello spirito umano, quella cioé di poter esprimere compiutamente qualcosa solo descrivendone l'esatto contrario, in un gioco dialettico che in fin dei conti potrebbe essere indicato come la definizione stessa di "cultura". E' così che il pensiero indica la materia, la ragione sussume la follia e, come in questo caso, l'irreale diventa cifra potentissima della realtà. Ma ci sono senz'altro diversi modi in cui ciò può avvenire: se talvolta la letteratura fantastica intende essere un simbolo del mondo, o un modello, nel caso degli autori sudamericani che in questo tipo di opere si sono distinti il lavoro letterario non intende essere un "simbolo", né tantomeno l'indicazione di una via. Spesso, piuttosto, la creazione mira ad essere più reale del reale stesso.
Nel 1940 Adolfo Bioy Casares (1914-1999) ha pubblicato L'invenzione di Morel, un romanzo che si è subito distinto per l'enorme apprezzamento da parte dei maggiori scrittori del tempo. Acclamato da Borges, maestro indiscusso del racconto nonché grande amico di Bioy Casares, ed osannato da Octavio Paz, il libro dell'autore argentino è un agile e brevissimo intreccio ambientato su un'isola tropicale sconosciuta, dove un fuggitivo registra su un diario le prodigiose vicende alle quali ha da poco potuto assistere: uno scienziato ha scelto il luogo per sperimentare un nuovo macchinario da lui stesso ideato, uno strumento capace, a suo dire, di donare l'immortalità a coloro sui quali viene utilizzato.
Sarebbe inutile e controproducente addentrarsi nella descrizione dei personaggi e della trama: in realtà ciò che del romanzo fa davvero pensare è ciò che è sotteso alla psicologia del narratore (il fuggitivo) e l'inventore (Morel), nonché le implicazioni filosofiche della scoperta e del modo in cui essa viene presentata. I temi sfiorati sono numerosi, l'amore come l'immortalità, il problema della tecnica e quello della felicità.
Cosa vuol dire "immortalità"? Si tratta della conservazione della propria coscienza, dell'immortalità del corpo, del semplice vivere in eterno? E soprattutto, in che modo la tecnica può sperare di donarci questa eternità? A queste domande Bioy Casares risponde attraverso l'inquietante ed enigmatica genialità dell'inventore, un adepto della modernità e della scienza che attira nelle spire del proprio discorso anche il nascosto osservatore dei nuovi eventi dell'isola, prima spaventato scrutatore, poi morboso voyeur e infine vittima di un'invenzione che è innanzitutto un'idea, una visione del mondo, il nostro Occidente intero racchiuso in poche pagine.
L'invenzione di Morel merita di essere letto per lo stile elegante e sintetico, per la limpidezza dei contenuti e per l'originalità dell'idea di fondo, segno evidente di vicinanza alla scrittura di Borges: ma merita di essere letto in primo luogo perché è attraversato profondamente dalla domanda che può essere posta sul romanzo stesso e sul genere a cui appartiene: cosa è "reale"? Non possiamo conoscere, leggendo questa storia, l'idea di Bioy Casares; possiamo però confrontarci con l'imbarazzante idea di una realtà come semplice apparizione e riproduzione; un'idea che dopo il momento ludico della lettura si mostra meno fantastica - e meno ludica - di quanto sembri.
Alessandro De Cesaris
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