Il pianista nano
di Luca Palumbo
0111 Edizioni, 2010
pp. 98
€ 12.00
Il pianista nano è una raccolta di racconti dello scrittore emergente Luca Palumbo. Sin dal primo approccio a quest'opera ho percepito una forte sensazione di sconforto e di tristezza, e questo non perchè il libro non sia meritevole, tutt'altro. Anzi, l'autore scrive talmente bene da coinvolgere il lettore nel profondo del suo intimo, da spingerlo ad immedesimarsi nei protagonisti delle sette storie da lui narrate. Il dolore che mi ha colpito è quello che si sprigiona dalle pagine, che traspare dalle vicende spesso al limite della realtà, surreali, grottesche, accomunate da un desiderio di fuga nei confronti di un destino squallido e implacabile.
La paura della follia, vista come un demone da respingere a tutti i costi, si accompagna per contrasto alla concezione dell'alienazione mentale come un rifugio sicuro ed esclusivo, un antidoto alla desolante solitudine. A questo proposito è emblematico il racconto che dà il titolo all'intera raccolta, Il pianista nano appunto, dove la giovane protagonista sfugge alla sua vita grama e allo squallore che la circonda grazie ad una benevola allucinazione che le fa visita ogni sera.
I personaggi di Palumbo sono deboli, fragili, miserabili; la vita che sono costretti a vivere va ben oltre l'umana sopportazione. Si tratta di inetti in fin di vita, come lo sciagurato Porfirio Scalogna; di vecchi inebetiti dalla malattia, come il signor Barbozzo; di giovani e di bambini come Sandrino e Bacco, cui l'approccio con una realtà troppo dura e sordida ha tolto ogni speranza e ogni illusione.
Si tratta di persone sole, divorate dalla malattia della carne e dello spirito, imprigionate in una realtà incomprensibile e beffarda, a tratti allucinata e surreale.
La riflessione sulla miseria dell'essere umano e sulla tragica inutilità della vita mi ha condotto con il pensiero a Sartre, che nel Muro, la sua celebre raccolta di racconti, presentava follie, perversioni e debolezze riflettendo sul tormento e sulla vacuità dell'esistenza umana.
Tuttavia nel Pianista nano, accanto ad una visione fortemente cupa e pessimistica dell'uomo e del suo destino, si può notare una spiccata vena ironica.
Se è vero che, secondo l'autore, l'uomo a volte non ha altra speranza che rifugiarsi in un ipotetico "Paradiso degli sciagurati", è anche vero che Luca Palumbo descrive con una certa ironia le debolezze fisiche e intellettuali dei suoi protagonisti e sembra sorridere lievemente delle loro disavventure grottesche. Un sorriso venato di amarezza oppure una lacrima che sfocia in un'impercettibile risata? Non saprei dirlo. Non ci sono parole per definire il particolare stato d'animo in cui si versa dopo aver terminato la lettura di questo libro. Esso sembra una sorta di allegoria tragicomica del destino degli uomini, il cui dolore sfocia a tratti nel lirismo e a tratti nel ridicolo. Il linguaggio di cui Palumbo si avvale è spesso duro, beffardo, infarcito di torpiloquio e di descrizioni particolarmente crude, specialmente quando riguardano la demenza e la vecchiaia. Non mancano tuttavia immagini fortemente poetiche ed evocative, che sembrano dei fiori candidi in mezzo all'immondizia.
Si tratta di un'opera veramente notevole, della quale consiglio la lettura.
Un unico appunto va fatto alla casa editrice, a causa della presenza di refusi che potevano essere corretti. Un peccato, perchè Il pianista nano è davvero un bel libro. Un pugno nello stomaco che mentre ti colpisce ti fa anche il solletico.
Irene Pazzaglia