La città della gioia
di Dominique Lapierre
Mondadori, 1996
€ 10,00
1^ edizione: 1985
1^ edizione: 1985
Questo libro scritto più di vent'anni fa è sempre molto attuale perché ci aiuta a confrontarci con i poveri che purtroppo non sono passati di moda.
Sicuramente da allora l'India è cambiata grazie ad un grosso progresso economico ma molte situazioni di povertà sono ancora presenti come segno anche di grandi contraddizioni con il suo rapido sviluppo.
Ma guardare in faccia la povertà aiuta anche a non averne paura, quante volte ci si è preoccupati nelle nostre moderne metropoli non delle condizioni di vita di chi viveva per strada ma dell'immagine di degrado che ne derivava per la città.
La bellezza di questo libro sta proprio nel profilo umano che viene tracciato di persone che vivono in condizioni poverissime, nella loro dignità e nella capacità di vivere anche con fede e serenità nonostante la propria miseria.
In una società come la nostra in cui il benessere economico, come ci viene oramai inculcato da anni, sembra rappresentare la vera felicità nella vita ma che in realtà non ci sazia mai, la lettura di questo libro ci aiuta a capire anche la bellezza di una vita che mette al centro l'umanità della persona e non la ricchezza.
In India è maturata l'esperienza di madre Teresa, di cui il libro parla, il cui esempio di fede ed amore per i poveri è stato celebre in tutto il mondo e la sua vita continua ancora a parlare alla nostra società.
Di fronte quindi al pessimismo della crisi economica nel mondo occidentale e al conseguente aumento della povertà, una riflessione sulle basi per costruire il futuro delle nostre città va pensata per non chiudersi in se stessi sia di fronte ai poveri presenti già, sia di fronte a quelli che venendo da altri paesi bussano alle nostre porte.
In un mondo come il nostro rassegnato e ripiegato su se stesso questo titolo, che è poi il nome della bidonville dove si intrecciano le storie dei protagonisti, è denso di significato perché nonostante le storie di vita raccontate parlano di difficoltà e povertà estreme indubbiamente superiori alle nostre, i personaggi che popolano questo libro conservano una dignità e serenità tali da spiegare il nome di città della gioia.
Leggere questo libro non mette tristezza nonostante il racconto di una vità di fatica, povertà, sofferenza e malattia, ma trasmette una grande serenità perché pone al centro del racconto i sentimenti umani, significativo è il racconto di un matrimonio tra i lebbrosi perché è una festa nonostante la diffficile condizione e perché ci fa capire la bellezza del vivere anche nella malattia.
Vivere perciò con "gioia" non si misura tanto nel possedere ricchezze ma nel vivere in fraternità e in pace con il mondo che ci circonda e soprattutto in un benessere condiviso fra tutti.
Lucia Salvati
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