Helle Busacca. La scala ripida verso le stelle
di Serena Manfrida
di Serena Manfrida
Società Editrice Fiorentina, 2010
pp. 160
€ 15,00
pp. 160
€ 15,00
...una specie d'immobilità sofferta sino allo spasimo, incapacità di aderire al mio io più profondo come alla realtà esteriore, forse perché il senso della precaria situazione umana è così acuto, da non lasciare, degli uomini e degli avvenimenti, in me, che una fuga di ombre.
Il volume di Serena Manfrida, Helle Busacca. La scala ripida verso le stelle è dedicato all’emblematica figura della poetessa, e pittrice Helle Busacca (1915-1996). Definita una Antigone dei tempi moderni, donna di una personalità tragica, ma forte, che ha sempre vissuto la poesia, come «un atto di fede sociale», e le sue “coordinate poetiche” del tempo e dello spazio, come le coordinate cartesiane, che si incrociano in un unico punto, in un determinato momento, dove si intreccia pubblico e privato, fiducia e sfiducia, pudore e denuncia, un vortice di parole che esprimono tutta la potenza e l’irruenza di una grande voce femminile.
Gridare è inutile quandola giovinezza è trascorsaall'arco dei cieli che destaaltrove le gemme di primavera.
La sua vita fu segnata fin da bambina da eventi drammatici che segnarono il suo modo di scrivere e di fare poesia: la morte per setticemia della sorella di appena un anno e mezzo, la morte della madre –del cui fantasma non si libererà mai-, l'abbandono da parte del padre per sposare una donna molto più giovane di lui, ma soprattutto dal suicidio del fratello maggiore Aldo. A questi momenti traumatici, Helle Busacca spesso contrappone il ricordo vivo e luminoso della sua infanzia passata in Sicilia assieme ai nonni e alle due zie, un’età dell’oro che nelle sua poesia verrà cantata come perduta e ormai irrecuperabile. La casa del nonno resterà sempre un reame incantato, «come nelle favole», in cui perdersi liberamente.
Questo sentimento di naufragio e disillusione, di nostalgia di un mondo perduto, questo vivere precario in un mondo di fantasmi silenzioso e latente, porta Busacca a descrivere nella sua poesia paesaggi desolati, cimiteri come luoghi di isolamento e rifugio, come se volesse chiudere gli occhi, spengere le immagini che parlano di vita e abbandonarsi a un buio fatto di nulla.
Dove il nulla è armonia, tutto, perfetta.
trasparenza,
non tra muraglie di uranio al tentato
gesto della mia angoscia,
so, che io non fui veloce, ma silenzio;
so che i cani non ulano per me.
Serena Manfrida ripercorre la vita di Helle Busacca partendo dal suo profilo biografico e soffermandosi sulle diverse fasi della formazione poetica. L’autrice trova un felice equilibrio fra l’impostazione della monografia e la concentrazione su nuclei tematici, con l’obbiettivo di analizzare il percorso artistico della poetessa attraverso le diverse fasi della sua evoluzione.
L’opera poetica di Helle Busacca, dimostra una grande originalità, nella quale il punto di partenza è la testimonianza del suo dramma personale spesso associato a un destino che lei sentiva sempre più avverso e tragico, un avvenire al quale non poteva più sottrarsi. Da qui le mutevoli variazioni, contaminazioni e diversi registri verbali delle sue raccolte poetiche, la sua intima identità esistenziale non poteva scindersi dell’espressione verbale, a volta aspra e cruda, a volte lirica e pacata.
Sono silenzio. Compiuta in sé mi chiude una foglia
quando sta immota nel sole.
Anche una pietra. Una pietra qualunque sul greto e un
torrente.
Non mi cercare in un nome.
Dal libro di Serena Manfrida emerge il ritratto nitido e forte di una donna allo stesso tempo potente ma fragile, incapace di reagire di fronte alle avversità della vita, una voce che parla non solo di sé, ma anche di tutti i morti che hanno costellato la sua vita: la sua poesia è stata un grido d’accusa, un messaggio verso le stelle, l’unica soluzione per allontanarsi dall’infelicità. Helle Busacca si è lasciata scivolare via dal proprio corpo e dal mondo, gli unici luoghi dove ogni ricordo annega e ogni desiderio svanisce.
Costanza Bucci
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