La passione di Artemisia
di Susan Vreeland
Neri Pozza, 2002
“La passione di Artemisia” non è una biografia, e non vuole nemmeno essere tale: è un romanzo che racconta la vita di Artemisia Gentileschi, come donna e come pittrice, che, in un’epoca ostile alle donne, riuscì ad imporre la sua arte difendendo la sua visione del mondo e della vita. La sua storia, all’interno del romanzo, è presentata come un dramma d’amore, di passione e di odio irrefrenabile; é la storia della vita di una donna che infrange le regole del suo tempo per difendere la propria libertà. Artemisia dipinge da quando è bambina: dipingere è come allontanarsi dalla realtà, vivere in un altro mondo, vivere la vita con maggiore intensità rispetto agli altri; l’arte può aiutare a cambiare le cose, l’arte fa riflettere, dimenticare tutti i legami affettivi.
È il 1612 e Artemisia insieme a suo padre, Orazio Gentileschi, si reca all’udienza di un processo. Il padre ha denunciato al tribunale dell’Inquisizione di Roma l’amico pittore Agostino Tassi perché egli ha violentato più volte la figlia. La ragazza durante il processo viene umiliata più volte dai giudici, che mettono in dubbio l’integrità e la sincerità di lei; la visita medica si compie sotto lo sguardo di tutti, mentre il padre la tradisce pensando solo alla sua pittura. Colpiscono le parole che narrano l’umiliazione dello scandalo pubblico, ma soprattutto il comportamento del padre, che non solo non è solidale nei confronti della figlia, ma si preoccupa solo del fatto che ella resti materialmente danneggiata come donna e come pittrice, come se la figlia fosse una merce. Questo episodio segnerà per sempre Artemisia, un marchio che porterà sempre, anche quando tornerà a Roma dopo tanti anni trascorsi lontano: la gente che la vedeva la riconosceva come la “puttana” di Agostino.
La pittrice è costretta a fuggire da Roma, una città diventata troppo puritana e maschilista, trasferendosi a Firenze, ove sposa uno sconosciuto, Pierantonio Stiattesi, anche lui pittore. Il loro rapporto non è mai sereno e facile, nonostante momenti di passione, di tenerezza e la nascita della figlia Palmira. Il marito non riesce ad accettare che la moglie sia più brava di lui, anche perché Artemisia viene accettata alla Accademia del Disegno di Firenze, come prima donna in assoluto nella storia. Artemisia in seguito viene convocata a Genova dove le vengono commissionati alcuni dipinti che la portano ad ottenere un successo ancora maggior di quello ottenuto nella città fiorentina. Dopo aver vissuto alcuni anni in varie città d’Italia si trasferisce in Inghilterra, dove ritrova il padre.
L’autrice trasmette una profonda ammirazione al lettore per la tenacia e la forza d’animo di Artemisia, documentate da una pittura particolarmente vivace e incisiva.
Quello che colpisce è infatti il rapporto tra l’indole della pittrice e l’originalità e modernità dei volti e delle figure femminili da lei rappresentate: riesce a trasferire in questi immagini parti di se stessa, superando i caratteri tradizionali di tanta pittura dei suoi tempi.
È il 1612 e Artemisia insieme a suo padre, Orazio Gentileschi, si reca all’udienza di un processo. Il padre ha denunciato al tribunale dell’Inquisizione di Roma l’amico pittore Agostino Tassi perché egli ha violentato più volte la figlia. La ragazza durante il processo viene umiliata più volte dai giudici, che mettono in dubbio l’integrità e la sincerità di lei; la visita medica si compie sotto lo sguardo di tutti, mentre il padre la tradisce pensando solo alla sua pittura. Colpiscono le parole che narrano l’umiliazione dello scandalo pubblico, ma soprattutto il comportamento del padre, che non solo non è solidale nei confronti della figlia, ma si preoccupa solo del fatto che ella resti materialmente danneggiata come donna e come pittrice, come se la figlia fosse una merce. Questo episodio segnerà per sempre Artemisia, un marchio che porterà sempre, anche quando tornerà a Roma dopo tanti anni trascorsi lontano: la gente che la vedeva la riconosceva come la “puttana” di Agostino.
La pittrice è costretta a fuggire da Roma, una città diventata troppo puritana e maschilista, trasferendosi a Firenze, ove sposa uno sconosciuto, Pierantonio Stiattesi, anche lui pittore. Il loro rapporto non è mai sereno e facile, nonostante momenti di passione, di tenerezza e la nascita della figlia Palmira. Il marito non riesce ad accettare che la moglie sia più brava di lui, anche perché Artemisia viene accettata alla Accademia del Disegno di Firenze, come prima donna in assoluto nella storia. Artemisia in seguito viene convocata a Genova dove le vengono commissionati alcuni dipinti che la portano ad ottenere un successo ancora maggior di quello ottenuto nella città fiorentina. Dopo aver vissuto alcuni anni in varie città d’Italia si trasferisce in Inghilterra, dove ritrova il padre.
L’autrice trasmette una profonda ammirazione al lettore per la tenacia e la forza d’animo di Artemisia, documentate da una pittura particolarmente vivace e incisiva.
Quello che colpisce è infatti il rapporto tra l’indole della pittrice e l’originalità e modernità dei volti e delle figure femminili da lei rappresentate: riesce a trasferire in questi immagini parti di se stessa, superando i caratteri tradizionali di tanta pittura dei suoi tempi.
Costanza Bucci