di Sofi Oksanened,
Guanda, Parma 2010
pp. 393
€ 17,50.
trad. di Nicola Rainò
trad. di Nicola Rainò
1^ edizione: 2008
La Purga di Sofi Oksanen è un romanzo storico. Le vicende narrate si svolgono per lo più in Estonia tra il 1933 e il 1992 – date e luoghi sono sempre esplicitati in epigrafe ai singoli brani narrativi e hanno una funzione capitale nello sviluppo narrativo. Dunque, Seconda guerra mondiale, occupazione e annessione dell’Estonia da parte dell’Unione Sovietica, purghe staliniane, Chernobyl, dissolvimento dell’impero sovietico, neoschiavismo. Romanzo storico perché i destini individuali di cui si narra sono strettamente connessi, se non addirittura determinati, a quelli dei popoli e delle nazioni; romanzo storico perché la cura documentaria, benché non ostentata, è di primissimo ordine.
La prospettiva assunta dall’autrice è igienicamente e consapevolmente faziosa, è la prospettiva di genere: la Storia, per lo più determinata da uomini autoritari o imbecilli o violenti (spesso tutt’e tre le cose insieme), sconvolge la vita delle donne e passa, come un cingolato, sopra il loro corpo.
L’apparentemente casuale arrivo della giovane Zara, derelitta e allo stremo delle forze, nel cortile dell’anziana e sola Aliide in un paesino semi abbandonato dell’Estonia nel 1992, è gradatamente spiegato al lettore grazie a brani narrativi autonomi. Il presente narrativo, l’intreccio di solidarietà umana, diffidenza e ostilità tra le due donne, ha origine nel passato di entrambe: per Aliide si tratta di drammatiche vicende di torture, di deportazioni familiari, di non innocente e doloroso adeguamento alla nuova realtà storica in nome di un amore impossibile; per Zara si tratta dell’illusorio e sbrilluccicante benessere occidentale che l’ha condotta nelle mani dei nuovi schiavisti. L’autrice rinuncia alla linearità cronologica, sovrapponendo tempi e luoghi in rapidi frammenti che lentamente prendono ad incastrarsi tra loro chiarendosi l’un l’altro. È una formula narrativa che avvince il lettore, la si potrebbe considerare quasi una malizia da intrattenimento, se non rispondesse anche ad una profonda esigenza ideologica e artistica: ogni superficie – il presente, il luogo attuale, il destino individuale, il mondo visibile – nasconde e al contempo è determinato da un sottomondo misterioso, minaccioso, buio, brulicante, fatto di rumori, grida, squittii, fruscii. La scrittura deve coraggiosamente attraversa questo sottomondo, deve decifrare i segnali che emette, deve portare alla coscienza della comunicazione ciò che si presenta in forma non cosciente e non verbale.
Ad eccezione di alcune pagine di diario inframmezzate alla narrazione e di alcuni rapporti della polizia segreta nelle pagine finali, l’uno e gli altri redatti da uomini, letterariamente rozzi e anodini, il romanzo è formalmente narrato in terza persona, ma in realtà affida tutta la sua elaborazione letteraria all’indiretto libero delle due protagoniste; al narratore in terza persona non resta che posizionarsi alle spalle delle due protagoniste, appunto in quel mondo dell’invisibile che determina il visibile, per contestualizzare e incastrare nell’intreccio i frammenti narrativi, attingendo così, per via dell’effetto di sfasatura, quella profondità che la rinuncia all’analisi psicologica poteva far mancare. Nel maneggiare l’indiretto libero Sofi Oksanen mostra un virtuosismo stilistico che in alcuni brani – da antologia – ha del prodigioso.
Come si sa, è nella corrispondenza, nell’analogia e nella coerenza tra microstruttura e macrostruttura che si rivela, più che altrove, la qualità letteraria di un testo, la sua necessità, la sua “cosa” da dire. E su questo piano la scrittrice finlandese si rivela ben all’altezza della sfida, inducendo il dolce pensiero che sarà lei uno dei personaggi su cui puntare per il futuro (raramente si chiude un romanzo di 400 pagine già pensando a quanto sarà bello il prossimo). Solo due esempi. 1. Ogni brano narrativo è introdotto dalla data e dal luogo riferiti al quel brano e da un sibillino (tanto da apparire incongruo) titoletto in corsivo. Se la data e il luogo sono la Storia e la Geografia, quel titoletto, desunto quasi a caso dal brano, è la vicenda individuale, il sottomondo rispetto alla storia e alla geografia ufficiali: ricostruire i rapporti tortuosi, spesso invisibili, minacciosi e dolorosi tra il tempo e lo spazio storico e la vita individuale è la funzione di svelamento della scrittura (la letteratura ha una funzione specifica!). 2. Sono molto frequenti serie di questo tipo: “La manica della camicia si staccò, la sedia cadde per terra, il tavolo si rovesciò” (pag. 200); oppure “Le tende sbattevano forte, i ganci tintinnavano, la tela sbatacchiava fragorosamente” (pag. 333). Gli oggetti sembrano muoversi da sé, quasi a voler frangere la linea di demarcazione tra organico e inorganico, alla stessa maniera tutto il romanzo è teso a rompere l’assedio, fatto di oppressione e soffocamento, del passato sul presente, del mondo invisibile sul visibile, del non verbale e del non umano sulla comunicazione e sull’umano, dell’uomo sulla vita e sul corpo delle donne.
Paolo Mantioni
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