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“Dove siamo?”. La risposta della critica letteraria (e di una musa cattiva)

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Dove siamo? nuove posizioni della critica
di Alfano - Cortellessa - Dalmas - Di Gesù - Jossa - Scarpa
:duepunti edizioni , 2011

€ 15
pp. 128

Quando ho toccato per la prima volta il volume “Dove siamo? Nuove posizioni della critica”, “:duepunti edizioni”, mi trovavo in un’importante libreria del centro città, in “sala lettura”. Questa sala (ovviamente non tutti possono sapere come è fatta) è composta da un tavolo in legno di dieci posti circa, abbracciato da due scaffali poco frequentati: scienza e critica letteraria. Questi sono, secondo me, gli unici due scaffali della libreria che lottano contro le ragnatele e gli acari. Gli altri, come “narrativa”, “attualità”, “psicologia”, e stranamente “filosofia” e “poesia”, se la cavano con la polvere. Vado avanti. Tra i tanti testi di critica, scelsi proprio “Dove siamo?” perché mi piaceva parecchio l’immagine sulla copertina. Dopo averlo contemplato per un po’, mi sedetti intenzionato a leggerlo. Prima di iniziare, come sempre, osservai la gente a me accanto. Avevo di fronte ai miei occhi, oltre una donna elegantissima e profumata che leggiucchiava il quotidiano, un ragazzo, direi appena ventenne, con un quaderno a pagine bianche, senza le righe (quel tipo di quaderno con la copertina rigida nera, l’elastico, molto di moda e costosissimo) e una penna in mano. Aveva la classica espressione di chi attende “l’ispirazione”: guardava per aria, senza sapere dove posare gli occhi; e gettava, ogni tanto, alcune parole sulla sua paginetta, che subito cancellava mormorando qualcosa di poco comprensibile (dal labiale, mi sembravano parolacce non molto volgari, in siciliano). Capii, insomma, che egli era alle prese con un lavoro piuttosto complicato: scrivere alcune poesie, o forse (ahimè), un libro di poesie. In che modo lo capii? Semplice: il ragazzo sfogliò i componimenti scritti in precedenza, i quali erano tutti in versi. Data la mia scarsa fiducia nel pensiero poetico contemporaneo, mi scappò stupidamente dalle labbra: «Un altro?»; ovvero: un altro libro di poesie? Ritengo, infatti, che di libri in versi ce ne siano fin troppi. Il mio urlo attirò l’attenzione della donna profumata, che mi guardò impaurita. Per rimediare alla figuraccia, finsi di leggere un messaggio al cellulare, e ripetei con voce più bassa nuovamente: «Ancora? Ancora?». Chissà se la trovata si rivelò funzionale (sicuramente, era ridicola). Tuttavia, la mia reazione provocò al ragazzo ventenne, ennesimo poeta dal quadernino alla moda, una sorta di scintilla, tanto che egli iniziò a scrivere, dopo l’urlo, sbuffando come un treno in corsa. Forse (pensavo mentre egli scriveva), nelle sue poesie c’è anche il mio: «Ancora?». Ma il poveretto non immagina che, colui il quale lo ha ispirato, è un poco di buono. Sintesi. In questo contesto di contraddizioni e interrogativi, sfogliai le pagine di “Dove siamo?”. Lo lessi in meno di un’ora, sotto lo sguardo minaccioso della donna profumata (che, incontrando il mio sguardo, ringhiava), e lo trovai interessantissimo. Dove siamo?, dunque. Non saprei: forse in un momento di crisi, come nel testo della “:duepunti edizioni” si ripeteva; o forse (come dissi ancora una volta ad alta voce, guadagnando un sonoro «Shhh!», più che meritato),
«in una condizione in cui la letteratura è ispirata da muse cattive».

Dario Orphée