Armando Curcio Editore
FONDAZIONE ANTONIO PIZZUTO, 2011
PIZZUTINI D'EMERGENZA III - Supplemento dei QUADERNI PIZZUTIANI
Maria Pizzuto, Filippo Bettini, Marcello Carlino, Mario Lunetta, Aldo Mastropasqua, Gian Maria Molli, Francesco Muzzioli, Giorgio Patrizi, Fausto Razzi.
Nove interventi critici, nove digressioni sul tema, nove inviti ad una riflessione condivisa sul portato ideologico ed esperenziale di uno dei maggiori intellettuali del nostro tempo, Edoardo Sanguineti, appunto.
La fondante dimensione dialogica che soggiace all'intelaiatura corale di questo piccolo ma prezioso volumetto ad personam, è, prima di tutto, oggettivazione di un'idea di letteratura, ovvero d'arte e di riflessione critica, che sia, essenzialmente, modalità di espressione plurale e costante esercizio di riflessione in fieri.
Mai cedendo a facili degenerazioni cattedratiche, dunque, o a lacrimevoli celebrazioni commemorative, gli scritti qui raccolti sanno penetrare quasi in maniera chirurgica, seppure, di certo, con toni rispettosamente commossi, nelle più sfaccettate determinazioni che pertengono alla sfera, sia pubblica che privata, di un Sanguineti uomo e poeta, amico e narratore, critico e collega.
Dopo l'affettuosa Dedica come auspicio con la quale Maria Pizzuto, ricordando un episodio che ha visto protagonista il padre Antonio, offre un piacevole spaccato del carattere solidale e autoironico di Edoardo Sanguineti, in sorniona contrapposizione con una certa malizia tendenziosa, che pure spesso suole ingenerare imbarazzo negli ambienti accademici, L'estremo saluto 1 che segue è tutto rivolto ad
«un soggetto speciale che univa - per Filippo Bettini - la funzione istruttiva del "maestro" a quella dialettica del "compagno di strada" ».
L'attenzione di Bettini si concentra, quindi, sulla funzione più strettamente comunicativa che Sanguineti ha sempre attribuito in forma privilegiata al linguaggio e al suo libero utilizzo traspositivo nelle varie commistioni espressive, in una sorta di primazia della testimonianza, quale presa d'atto e concretizzazione di un irrinunciabile impulso etico e estetico.
«Io credo - diceva, appunto, lo stesso Edoardo - che la parola "comunicazione" - che è guardata anche con molto sospetto - sia quella fondamentale. E bisogna veramente tornare a comunicare: questo è un problema ideologico, è un problema politico, ed è un problema culturale, nel senso più largo ».2
Marcello Carlino, non a caso, nelle sue Tre note d'accordo, scandaglia proprio l'ampiezza di questo significato metalinguistico e interdisciplinare, esemplarmente in relazione ad un intervento, raccolto nel poi omonimo volume 'La missione del critico' 3, che Sanguineti lesse in occasione di un convegno internazionale alla Sapienza di Roma, negli anni Ottanta.
«Il testo, - spiega qui Carlino - si costruisce per intero sulle dinamiche di rapporto in assetto variabile tra lo spazio semantico della missione e quello delle dimissioni. Un gioco di grande raffinatezza intellettuale che prende forza da una struttura di discorso tutt'altro che schematica o lineare e fa conto, come su di una risorsa importante, su di una complessità linguistica di non scarso momento: Sanguineti, dicendo, quella struttura e questa complessità non le ridimensiona, non le svende davvero. E il suo testo ha uno spessore semantico ragguardevole, non lontano dalla contestualità organica e dal polisenso propri della letteratura».
Perno saldo di un'inesausta epopea ragionativa, la questione linguistica resta ganglio centrale anche nella Micromemoir di Mario Lunetta, che mette a fuoco e rinverdisce, nei tratti sanguinetiani
«una sorta di adolescenziale maturità, se così è possibile dire, che lubrificava costantemente, in lui, quel motore di consapevolezza radicale e di sempre vigile coscienza critico-autocritica come coscienza della crisi della forma borghese del mondo e dei rapporti tra gli uomini »
Lucidissima e attenta, dunque, la visione prospettica dell'andamento politico e sociale contemporaneo, che Sanguineti esplica dialetticamente, ancora citando le parole di Lunetta
«soprattutto puntando sull'aggressività del comico, tendendo quasi sistematicamente a tracimare dal letto di un'ironia che, in tutti i casi, funziona a un alto règime di crudeltà ».
Esempio, fra molti, a dar misura orientativa di questa fervida intelligenza materialistica, unita al disappunto per le corrive poetiche votate ossessivamente all'altare del pathos, e per i biechi stilemi di un'affabulatoria e scialba società dello spettacolo, un frammento tratto dal 'Novissimum Testamentum' restituisce egregiamente il goliardico sarcasmo succitato, con cui uno sferzante Edoardo ammonisce, e non solo i posteri:
«sono qui a farmi il testamento, apposta,
ma voi, per voi, non vi aspettate niente:
se il mio privato me lo tratto in piazza,
se sopra i tetti grido le mie voglie,
se ancora vivono i cuori gentili,
è meglio assai, se mi lasciano perdere:
fa bene, chi diffida, a diffidare:
e io sto qui per diffidarmi stesso » 4
I Frammenti di ricordi di Aldo Mastropasqua ricostruiscono, poi, la figura di un Sanguineti più propriamente «creativo», tratteggiato quale «inevitabile e indispensabile interlocutore» del dibattito costitutivo su avanguardia e Neoavanguardia, in uno scambio dialettico, inesausto e mai condiscendente, volto a rimpinguare la linearità proteiforme che si è andata via via articolando, a partire dalle teorie critiche di Benjamin e di Brecht, fino alle più recenti sperimentazioni poetiche, passando per l'esperienza del Gruppo 93.
Proprio questi argomenti-cardine suscitano l'interesse di Gian Maria Molli, che traspone, qui, le Parole vive ricavate da un'intervista estemporanea fatta a Sanguineti proprio nel 1993, in occasione della Fiera del Libro di Torino.
«Ma io credo che il compito di una scrittura, in fondo, sia sempre un compito in ultima istanza realistico, nel senso profondo della parola, cioè di cogliere veramente l'emergente, che non vuol dire la superficie e la cronaca di un tempo, ma quello che si muove nel profondo. - spiega Edoardo, in merito al probabile nodo emblematico di una nuova poetica. E prosegue - Credo che la poesia nuova nascerà da questa inquietudine e quindi scartando nettamente con le riprese di tipo nostalgico, orfico o liricheggiante, neocrepuscolare, e simili».
E' dunque un'espressività schietta e dissacrante, quella proposta e perpetrata con fermezza da Sanguineti, che articola, politicamente e polemicamente, le proprie locuzioni, senza mai sottacere un'autocosciente assunzione di responsabilità.
E' ancora, la sua, in questa sorta di apocalittica naturalezza, La scrittura della voce, platealizzata con una prosodia provocatoria, pacata e impersonale, astutamente straniante, sottolineata e definita da Francesco Muzzioli
«una voce negata all'enfasi e alle seduzioni del gradevole, così come l'autore si nega in estetica alla suggestione atmosferica del simbolo e in politica alla presa del potere carismatico».
Ben in accordo, dunque, con la shoccante modernità baudelairiana, anche la voce stessa del poeta, o meglio, di chi sappia o voglia riconoscersi in un filone sperimentale, andrà a perdere, per metonimia, quell'aureola peregrina della quale, ancora eccessivamente, amano ammantarsi i più; è anzi, proprio questa brutale laicizzazione programmatica, a costituire il fulcro dell'atteggiamento estetico, desublimato e demistificatorio, in grado di sorreggere una novella ipotesi d'avanguardia.
«Se avanguardia vuol dire tenere occhi, orecchie e testa aperti - affermava, infatti, Sanguineti - per vedere quali sono gli strumenti migliori per cercare d'afferrare ciò che davvero è significativo oggi, allora in questo senso sì, l'avanguardia continua».
Continuo e senza soste, è certamente stato il percorso esistenziale e artistico dello stesso Sanguneti, come impervio ma inopinatamente fluido è Il labirinto interiore che analizza, a ritroso, Giorgio Patrizi.
Dagli studi giovanili su Dante, alle prime pubblicazioni poetiche, raccolte poi nell'antologia dei 'Novissimi'5, passando per i saggi su 'Ideologia e linguaggio' 6,
«quello di Sanguineti - conclude Patrizi - è stato un materialismo vissuto in primo luogo come scommessa dialettica sulla fondazione pragmatica del sapere, delle categorie e dei linguaggi. E questo voleva dire concentrazione sulla scrittura come traccia, non metafisica, ma concreta impronta dei corpi, dei gesti. Le parole come cose: equivalenza delle cose come parole».
L'indiscussa polifonia del messaggio semantico, la compenetrazione espressiva della reciprocità dei significati, l'attitudine ironica debordante: quella di Sanguineti è stata, e resta incontrastata, una Parola come partitura, ossia la determinazione di un montaggio critico e linguistico che esula da consustanziali schematismi formali, e che perciò, grazie al prezioso contributo di Fausto Razzi, su testi come 'Colori' e 'Protocolli', 'Smorfie' e 'Incastro', è giunta persino a farsi musica.
«In Sanguineti appartengono ovviamente all'avanguardia tanto i lavori centrati su un'incessante virtuosismo di invenzioni linguistiche - nota il compositore - quanto opere che si presentano con una veste apparentemente più tranquilla, per così dire, senza esibire cioè un programmatico attestato di militanza nelle prime linee. »
Questo, dunque, lo spirito, anti-retorico e volutamente non artificioso, che ha pervaso per intero gli ottant'anni di vita di Edoardo Sanguineti, qui rimeditati e dialogati da importanti studiosi, attraverso una polifonica raccolta di scritti critici, amichevoli, esemplari, modulati e dissolti con estremo garbo e intelligente naturalezza.
Francesca Fiorletta
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NOTE:
NOTE:
1 intervento del 13 maggio a Mediterranea 2010
2 documentato nella rivista "Musica" di luglio-agosto 2010
3 "La missione del critico", Marietti, 1987
4 "Novissimum Testamentum", Manni, 1986
5 "I Novissimi", Feltrinelli, 1961
6 "Ideologia e linguaggio", Feltrinelli, 1970-2001