Mando una e-mail a Loredana Limone lunedì 18 luglio, sono le quattro passate. La solita prassi. Non ho esitato a intervistare Claudio Morandini, dopo la lettura della sua Rapsodia, né Francesco Scardone, che ritroverò in un suo prossimo libro. Perché non avrei dovuto fare lo stesso con l’autrice di Volevo essere un grande chef? Il libro mi è piaciuto – mi ha sorpreso, a dirla tutta. L’intervista, perciò, è necessaria. Mi decido alle 16.35. La giornata era caldissima, neanche un po’ di vento. Soltanto io, il computer e le domande.
Le risposte arrivano dopo due giorni, verso le sei di pomeriggio. Ho recensito il libro in ritardo, continuavo a dirmi; perché una scrittrice così impegnata – ho saputo che ha scritto tante fiaboricette, un romanzo d’amore che è persino andato in scena, e qualche libro per bambini! – dovrebbe darmela vinta subito? Ho aspettato due giorni, insomma. Per delle risposte brevi, a volte; interessanti, in molti altri casi.
Scrivo per Critica Letteraria e qualche altro sito da un po’ di tempo – recensioni, saggi, interventi vari – e più vado avanti, più mi convinco che la mia voce non basti. Lo dico sempre, e non smetterò mai di farlo: la mia è necessaria, ma non sufficiente; serve, per forza, in un modo o nell’altro, il parere dell’autore. Le nostre voci – io, che ricevo, e lei, che manda, in questo caso – devono dire qualcosa, completarsi a vicenda. Un testo, insomma, ha bisogno di vita, e l’intervista è una buona occasione per dargliene un po’.
Ma veniamo a Loredana. Le chiedo di presentarsi in modo semplice, senza tanti convenevoli. Coglie l’invito e non esita a raccontarmi un po’ di sé. Mi piace il fatto che abbia condotto, e conduca tuttora, un laboratorio di scrittura. Me lo dice, soffermandosi su un progetto, “l’antologia dei racconti degli allievi di SAPORI LETTERARI”. Poi mi chiedo: deve essere stata davvero felice, quando una delle sue fiabe venne “[…] utilizzata dalla Lega Tumori di Pesaro nell’ambito del progetto La salute vien imparando”!
Loredana, insomma, sa il fatto suo. D’altra parte, potevamo davvero aspettarci qualcosa di diverso da una appassionata di Pablo Neruda? Assolutamente no. La sua semplicità – questo, almeno, è quello che ho potuto capire da ciò che ci siam detti – non è solo “letteraria”. Tra tutte le cose che avrebbe potuto sottolineare, infatti, ha messo l’accento sui “profumi dell’orto” che le piacciono un sacco: “In Tunisia ho visto intere aiuole di salvia e basilico, e mi sarebbe piaciuto portarmele a casa. Ma qui mi accontento dei vasi che ho sul balcone”.
A voi l’intervista!
- Iniziamo con una domanda scomoda. Avrà sicuramente letto la recensione. Le è piaciuto qualcosa in particolare? Si trova in disaccordo con ciò che è scritto? Vuole dire altro?
Innanzi tutto la ringrazio per la bella recensione e, in generale, per l’attenzione verso il mio libro che, sì, contiene quella voglia di raccontare che non riesco mai a frenare. Grazie delle parole carine: piacevole, delizioso. Spero che lo trovino così anche i lettori. Vero, c’è tanta quotidianità nei racconti e… posso fare anch’io una domanda? Come mai la sua attenzione si è focalizzata proprio sul personaggio di Yuri, marito fedifrago?
In realtà, mi ricorda un amico. È come se avessi rivissuto in questo racconto, neanche tanto lungo se non sbaglio, delle vicende di cui lui mi rese partecipe diverso tempo fa. Meglio continuare con il botta e risposta!
- Non credo ci sia stato un "intento formativo" da parte sua. Ho colto, infatti, più di ogni altra cosa, la voglia di costruire storie con "gusto" e semplicità. Mi chiedo, però, se c’è qualche eccezione. Quali pagine, insomma, nascondono un messaggio particolare?
Sicuramente Il piatto del giorno, ispirato da una storia vera e tragica. Il messaggio è che a volte (anche spesso, purtroppo) il bene si gira al male. Questo è un caso estremo, però bisogna fare sempre molta attenzione.
- Sono del parere che tutti i libri portino con sé un po' dell'autore, in un modo o nell'altro. Quanto di Loredana Limone c'è in Volevo essere un grande chef?
Ogni mio singolo boccone.
- C'è un racconto che le sta particolarmente a cuore? Una storia che le piace davvero tanto?
Come tutti i bambini del mondo: la storia di Dalila e della sua gamba che Gesù guarì. Credo fermamente che, senza il Suo aiuto, noi uomini possiamo far ben poco.
- Il "pacchetto" che lei ha confezionato è davvero originale. Come ho sottolineato nella recensione, infatti, la ricetta è inserita in modo da non forzare né il testo né il racconto. Ha preso spunto da qualche lettura oppure tutto è venuto da sé?
Conduco un laboratorio di scrittura creativa gastronomica, nel quale mi diverto a scrivere insieme ai miei allievi. I racconti sono nati in aula, nel modo più spontaneo e squisito, tra un assaggio e una risata.
- Qual è la storia del suo libro? Come è nata l'idea? Ha mai voluto la tentazione di mollare tutto e iniziare un nuovo progetto? Gli editori hanno accolto subito la sua proposta?
Il libro è stata una naturale conseguenza. I racconti c’erano, le ricette pure (nel laboratorio degustiamo dei piatti in tema con i racconti, che così diventano delle vere e proprie pietanze letterarie). Mi piaceva l’idea del menu letterario e ne ho messo insieme uno gustoso ma di facile esecuzione, che Cult Editore ha pubblicato con entusiasmo.
- Questa non può mancare: tre aggettivi per Volevo essere un grande chef.
Ciò che io spero sia è: gradevole, di compagnia, magari davvero utile.
- Fa un caldo tremendo in questi giorni. Una ricetta fresca e gustosa?
Dal libro? Il gelato al limone, o meglio ancora la macedonia afrodisiaca.
- Cercavo informazioni sul suo conto e ho scoperto che ha già scritto diversi libri. Mi ha incuriosito moltissimo Il fagiolo magico e altre fiaboricette del 2008. La sua, allora, è proprio passione! Pensa di essere cambiata rispetto ai tempi dei primi libri? Se lo è, in cosa?
A parte le fiabe, ho scritto alcuni libri di gastronomia abbinata alla letteratura e alla storia. Approfondire certi argomenti sotto l’aspetto gastronomico è stato interessante e divertente. Oggi mi sto dedicando alla narrativa, ma non escludo in futuro una nuova ricerca su un altro tema appetitoso. Se sono cambiata? Credo che la mia scrittura abbia seguito il suo fisiologico processo di maturazione, ma ci sono delle persone che non crescono mai. Io forse sono una di quelle.
- Avrà sicuramente molti altri progetti per il futuro. Vuole condividerne qualcuno con Critica Letteraria? Ci riesce davvero difficile rinunciare a questo saporitissimo mix di cibo e letteratura...
A me capita che, dopo una fase di elaborazione inconscia, venga fuori la storia che più di tutte preme per uscire. Ho due, tre idee che mi piacerebbe sviluppare, magari in un romanzo, e sono appunto in quella prima fase. Quel che posso dire è che di sicuro il gusto non mancherà.
- Ultima domanda, scontata ma necessaria: che consiglio darebbe a un esordiente?
Non mollare mai.
Davvero un bell'incontro, seppur virtuale. In bocca al lupo, Loredana! E che crepi!
Intervista di Michele Rainone a Loredana Limone