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“L’anima” di Aristotele: invito alla lettura

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L'anima
di Aristotele
Bompiani, 2001

a cura di G. Movia
con testo greco a fronte

pp. 382
€ 14

Tra i tanti giudizi presenti nel panorama della critica aristotelica, uno in particolare, secondo pochi, si applica pienamente alla figura dello Stagirita. Questo: “Aristotele è un bambino”. Per i più moralisti e metodici critici (e sono davvero tanti), tale giudizio è una blasfemia. Essi preferiscono definire Aristotele un “realista”, e dividere la sua filosofia in “compartimenti”; così facendo, di Aristotele, non ci perviene nulla: soltanto tomi e tomi di discorsi, che ci ingannano di aver “raccontato” qualcosa sul filosofo (noi, di contro, ci inganniamo di averlo “capito”). Per i “creativi”, ovvero quei critici spesso banditi a causa delle tesi -o intuizioni- non proprio “canoniche”, dare del “bambino” ad Aristotele è quanto di più sensato si sia finora detto. La loro, non è una trovata pubblicitaria: c’è una ragione di fondo se si sono spinti fino a tanto! Per scoprirla, basta leggere alcune pagine della Metafisica, in particolare quelle in cui è spiegata la “Meraviglia”, e, successivamente, gli scritti sugli animali; poi, “amalgamare” il tutto. Ma per assaggiare con ogni papilla gustativa la tesi che vorrebbe Aristotele un bambino curioso, deve essere aggiunto al piatto un testo piuttosto complesso, che tanto ha ossessionato i filosofi medievali (arabi e non… anche se, oggi, in maniera meno evidente, continua a ossessionare eccome), intitolato “L’anima”. Il punto di partenza di Aristotele è semplice:
«In primo luogo è forse necessario stabilire in quale genere l’anima si trovi e che cosa sia, intendo dire se sia qualcosa di determinato e una sostanza, oppure…». (Pag. 57).
In altre parole (per chi non avesse in sé le parole di Aristotele), ciò che il filosofo si pone di chiarire è riassumibile in questa domanda: che cos’è l’anima? Il seguito di tale “che cos’è?”, nel “De Anima”, è il documento più bello riguardo la modalità di ricerca aristotelica, quello nel quale si rintraccia maggiormente il carattere del filosofo, la tensione da “esploratore” commosso dalle proprie scoperte, da fanciullo mai stanco delle proprie domande. Nel particolare. “L’anima” è diviso in tre libri, denominati, ognuno dei quali, con una lettera dell’alfabeto greco: alfa, beta e gamma; questa divisione ci aiuta ad indicare, più o meno, delle aree tematiche definite. Difatti, nel libro alfa, si ha una presentazione generale del problema, cui seguono le varie critiche alle posizioni dei predecessori, le quali vengono “smontate” da Aristotele con dimostrazioni logiche; compito necessario, affinché si possa rispondere al “che cos’è?”. Dopo, passando per il libro beta, si incontra la trattazione della nota dottrina dell’anima, con le sue facoltà, e l’altrettanto nota definizione, ovvero: anima è
«[…] forma di un corpo naturale che ha la vita in potenza». (Pag. 115).
Cioè? Molti convergono dicendo: “l’anima è ciò che dà vita al corpo”. Piuttosto ristretta come spiegazione, ma largamente accettata. Se si volesse esaminare ciò, Aristotele permette al lettore di farlo con l’approfondimento, nelle pagine seguenti, del pensiero e della sensibilità; è qui che la definizione “forma di un corpo naturale che ha la vita in potenza” diviene chiarissima. Inoltre, sempre sul pensiero e sulla sensibilità, è nel libro gamma che il filosofo dedica una ricchissima illustrazione, meticolosa e utile per l’intera comprensione del testo (tuttavia, è nei “Parva Naturalia”, soprattutto nella prima sezione, “la sensazione e i sensibili”, che troviamo una conclusione sullo studio delle affezioni dell’anima). Ma veniamo alla domanda più importante: l’anima è immortale? Noi esseri umani siamo spettatori di una natura “mutevole” (il termine, facile da notare, è addolcito), e a tale “mutare delle cose” partecipiamo in quanto esseri “della” natura. Rispondere alla domanda se l’anima sia o no immortale, ritengo che ci aiuti soprattutto (ma è il mio punto di vista!) a convivere con questo fatto. La soluzione fornita da Aristotele, bellissima e rassicurante, è:
«L’intelletto […] è forse qualcosa di più divino e di impassibile». (Pag. 95).
Di più divino e impassibile rispetto al corpo naturale. Certo: pochi studi possono confermarlo, e Aristotele scrive giustamente «forse». Ma, insomma, questa verità è dentro di noi, no? Il filosofo dice bene. E poi, lo sappiamo tutti: riguardo i sentimenti, i bambini non mentono mai.

Dario Orphée