di Maurizio Basili
Fermenti Editrice, Roma 2010, € 12,00
Non giudicarmi e salvami
Questo il leitmotiv, stringente fin quasi allo spasimo straziante, che percuote come uno scudiscio le costole sporgenti delle pagine liriche di Maurizio Basili, vincitore ex aequo del Premio Nazionale di Poesia edita "Opera prima - Città di Penne - Fondazione Piazzolla" , assegnato lo scorso 27 novembre 2010.
Quella che sembra inizialmente la flebile lamentazione di un bambino impaurito, in cerca di un provvido riparo dal pur non ancora completamente disvelato universo, temebondo e ostile, della contemporaneità più stringente, si muta celermente nella giocosa assonanza di filastrocche materne e gustosamente ironiche, pentagrammate sulla leggerezza programmatica di una partitura ben studiata, solo fintamente modesta.
Salvami da questi pensieri di autodistruzione,salvami da quello che so faresalvami da quello che non so diresalvami dal non saper formularesalvami dai baffi del gatto matto.
E' un Giano bifronte Maurizio Basili, trentunenne romano con una già ben avviata carriera accademica, che strizza l' occhio, in questa giovane raccolta poetica, alla privatissima paura di non poter essere amato, di non sapersi sentire ascoltato davvero, e che riversa, dunque, le sue più recondite e genuine melanconie, in istrionici versi che parodizzano il più classico e svilente abbandono sentimentale:
Ma tu sei suaE ti sembra normale,certo naturale,dividere il cuoree donarmene la metàcon il tempo ch elogoraquesta mia ancor giovane età.
Ma ecco che, inaspettatamente, per il lettore forse meno accorto, dopo essersi fatto beffe del vibrante terrore massificato nei confronti di un’umiliante, pubblica disistima, Maurizio Basili, scimmiottando la facioneria di un' italica psicosi voyeristica
Note e parole e "Fiorin Fiorello"Scrivo ma, no, al successo non arrvioSe non mi confesso al " Grande Fratello"
indossa di rimando, con millantata noncuranza, la deformante maschera di un ingenuo incompreso, di un povero folle
che ogni tanto allo specchio vede riflesso un pappamollee si convince che la vita è un' avventurache solo ogni tanto sembra una torturae chenon deve più aver pauradelle tenebre e della sua faccia così insicura;
Lo straniamento di Maurizio che, per contingente, imprescindibile sfida dispettosa con se stesso, ama agglutinarsi al cospetto dei propri vituperati demoni psichici, delle proprie abnegazioni endemicamente emozionali, conduce poi, invece, non tanto l’uomo quanto l’autore stesso, ad indugiare su un pressoché liturgico meccanicismo, che lo inebria di
sensazioni sognatrici senza senso,teste tarlate tristi
mescidando un surrogato d' invocazione autocelebrativa alle proprie inscenate, coreografate manchevolezze:
Tango, pazzo tango, tango stancodalla mia anima troppo tempo mancotango, pazzo tango, tango in bianco;
Contraddittoria, dunque, l'ironia quasi strabica di Basili, che rivolge una continua occhiata panoramica, puntualmente pungente e mai lenitiva, alle diverse sfaccettature della realtà, obliquamente impastoiate di assurdo pressapochismo, mai spostando troppo il fuoco dell' attenzione, etica ed estetica, dal baricentro più intimo e personale, irrelato e frammentario, che è tutto raggomitolato attorno alla matassa esistenzialista del suo ego, potenzialmente ipertrofico, ma ancora timorosamente incasellato nello svilimento oltranzista di sé.
Ma, si guardi bene: né di mera piaggioneria, né di atavico vittimismo, suole ammantarsi una mente brillante e attenta come quella di Maurizio.
Il suo è, infatti, un chiaro schermo rifrangente, uno scudo imbelle da trombettista di vedetta, che se ne resta arroccato sulla fortezza del più laconico raziocinio, ma certo in buzzatiana, ergo vitalistica attesa di una qualche indomita legione straniante.
Le occasioni metalinguistiche v'hanno create, appunto: ad oggi non giungono ad inerpicarsi, non avendone lo stesso autore interesse alcuno, fra i più spiccati rovi dello sperimentalismo ultimo e spericolato della neoavanguardia trans generazionale di ritorno, in voga nell‘ultimo decennio almeno.
Ciò non toglie, tuttavia, che Maurizio Basili, col suo fare elucubrativo, mai pago, riesce caparbiamente ad ammonire, con genuina protervia e raziocinanti stilettate d’arguzia, sia il chiacchiericcio corrivo della contemporaneità in declino, sia la sua personale, affettuosa e sgusciante psicopoesia:
Se il mio silenzio, con un altro silenziosilenziosamente se ne andràio, senza silenzio rimarrò.
Francesca Fiorletta