Elisa Panzani e le “Reminiscenze dell’anima”

Reminiscenze dell'anima
di Elisa Panzani
Lulu.com, 2011
e-book € 4.50


Il progetto di una poetessa che ha come obiettivo la scoperta delle misteriose “Reminiscenze dell’anima”, non può che essere un itinerario fatto di domande che attraversano “acque profonde”, “colpi di scena”, “montagne russe”. In questo itinerario, l’anima di Elisa Panzani, poetessa esordiente nata a Busto Arsizio nel 1980, veneziana di origini, ma per studi archeologici e mitologici spostatasi a Nuoro, risulta “senza […] protezione”, aperta all’essere, perché pronta a comprendere appieno ciò che le sta attorno; e, ovviamente, la fiamma che arde in se stessa. «Il significato che io do al termine “reminiscenza” è molto diverso dal concetto di “ricordo”, come facoltà della nostra memoria a breve o lungo termine. Per me, reminiscenza è un “percepire”, molto simile al concetto che Platone illustra, nel Fedone, per dimostrare la tesi dell’immortalità. È qualcosa che va oltre l’apprendere dal proprio vissuto e dalle proprie esperienze. È una capacità di vedersi “dall’alto”, di poter fare una sintesi di tutto ciò che si vive e si prova, arrivando ad affermare che quello che siamo appartiene ad una “coerenza evolutiva”, che non avrebbe potuto farci vivere esperienze differenti da ciò che abbiamo vissuto. La mia raccolta di poesie è completamente autobiografica, ma nella soggettività dei miei versi, ogni anima, ogni cuore, può ritrovarsi. È come se nel nostro percorso di crescita esistessero tappe obbligate che, come iniziazioni a livelli di consapevolezza superiori, toccano tutti. Magari toccano in forme e tempi differenti, ma nessun’anima ne è immune lungo il suo viaggio verso la piena coscienza di sé. Ecco perché il termine “reminiscenze”. Come Platone, credo che l’esistenza dell’anima non sia altro che un viaggio alla riscoperta di ciò che essa è, ma, che con la discesa nel mondo denso, ha in parte dimenticato».
Chissà se noi esseri umani, esseri fallibili, possiamo affidarci alle reminiscenze per “leggere” la vita. Sarebbe un grande vantaggio: «Sul fatto che le reminiscenze possano essere affidabili oppure no per “leggere una vita”, credo sia fattore di poco conto. Certe sensazioni e intuizioni possono essere vere o meno, ma sicuramente ciò che ci provocano dentro, e come possono condizionarci, è realtà. Il mio libro, in fondo, è la cronaca di un punto di vista che, muovendosi nello spazio-tempo caratterizzante l’esistenza materiale, cambia ogniqualvolta l’anima ricordi un po’ più di sé. In questo senso è importante vedere come nel tempo, lo stesso ricordo, è inteso, sentito, fino a dissolversi nel fluire del vissuto e diventare consapevolezza acquisita».
Questo fluire di ricordi sentiti, dissolti, giunti alla consapevolezza, ci fornisce la struttura “interna” della raccolta poetica. Quello della Panzani è l’evoluzione di un percorso esistenziale, descritto in forma circolare, in stretto riferimento alla circolarità della natura, verso la quale, la poetessa, nutre un interesse anche professionale: «La raccolta inizia parlando di ciò in cui credo, tornando lentamente indietro nel tempo, fino ad emozioni forti come la rabbia, emersa in certi versi, dove il linguaggio si fa sicuramente molto incisivo. Quello che arrivo a constatare è semplice: ad ogni inverno, segue sempre una rinascita. Una precisazione: questa circolarità, divenuta perfezione, conclude una tappa specifica della mia vita».
Vediamo in che modo. Le pagine di “Reminescenze dell’anima” ci illustrano la strada per:

“Trascendere l’esistenza,
capire perché questa esiste
e a cosa serve”. (Pag. 13).

Ovvero, la strada per il “senso”: la più profonda questione umana. Il compito è piuttosto arduo, ma sostenuto da un’aspirazione fortissima. Il desiderio della Panzani, infatti, si svela in una poesia di appena tre versi, sprovvista di titolo… come se la poetessa volesse suggerirci, o sottolineare, che tali desideri, di fatto inafferrabili, non possono avere, a ragione, un nome:

“Sondare l’infinito
sperando non abbia fine.
Non coltivo altro desiderio che questo”. (Pag. 27).

A cosa portano le “Reminescenze”? All’anima, all’infinito. Alle verità intime, o probabilmente alla verità, quella che trascende ogni cosa, dalla materialità dell’esistenza al pensiero stesso. Appunto, il pensiero:

“[…] ha creato la mia identità
il suo illusorio orgoglio
per cosa immagina di essere,
fare ed avere,
nei limiti di spazio e tempo
di una vita”. (Pag. 26).

Ma è qui, nel punto più alto della coscienza, nella scoperta della propria identità, che avviene una “scissione” tra il pensiero, limitato e legato all’esistenza terrena del corpo, e l’anima, senza confini, dunque tanto vicina al cuore come all’universo. Insieme a questa scissione, si assiste a un cambio di rotta: entra in gioco l’amore, annotato nei suoi aspetti naturali, quotidiani. Rapporti difficili, incomprensioni, sofferenze, spesso mitigate dolcemente:

“Mi piace pensare
che basterebbe un pezzo di cioccolato,
o una dose generosa di caffeina,
per cancellare tutto questo grigio”. (Pag. 63).

Prevale la speranza nelle poesie dedicate alla ricerca dell’amore, prevale un emozionate senso materno, che riesce a sfidare le tristi leggi del nostro mondo:
«Con la poesia “Al mio piccolissimo amore”, traspare chiaramente quella sintesi di anima che porta a riflettere sul fatto che, davanti alla potenza del cambiamento, niente di ciò che appartiene al passato può essere portato con sé, nemmeno il frutto di un grande amore. Anche in questo caso sembra quasi il destino a scegliere per me. Ma cos’è poi questo destino se non la “coerenza evolutiva” a cui accennavo prima?».
Insieme all’amore, ma come rafforzamento di esso, affiora il diario in versi intitolato “Venezia romantica”, in cui la Panzani riscopre se stessa, riscopre: «La radice che può tenermi in piedi senza esitazioni. D’altronde non potrebbe essere altrimenti, visto che Venezia è la città dei miei avi, della mia famiglia. Camminare tra le calli, sui ponti e in riva ai canali, è come percorrere i solchi conosciuti delle mie mani. Non serve sforzarmi di prestare attenzione alle vie per non perdermi, la strada è dentro di me. Così in profondità che semmai è lei ad orientarmi verso il mio centro. Venezia, per me, è quella consapevolezza antica, “reminiscenza dell’anima”, la quale mi sussurra che la vita rinasce anche tra i mattoni di un muro in rovina. Rinasce ad ogni alba. Sempre».
Il libro, diviso in cinque sezioni, è intervallato da fotografie in bianco e nero, le quali aiutano il lettore a spostarsi verso volti, luoghi, tramonti… riflessioni. Insomma, come all’inizio si diceva, verso un itinerario (tortuoso) che dall’anima porta all’anima.

Dario Orphée