Kelefa. La prova del pozzo
di Mbacke Gadji
Edizioni dell'Arco, Marna 2003
pgg. 125
€ 6,20
Nell'ultimo decennio il nostro Paese è stato messo alla prova da un fenomeno che non aveva mai conosciuto, quello dell'emigrazione. Un fenomeno, mondiale, globale che ha provocato (anche nel nostro Paese) fenomeni di razzismo e la nascita di movimenti politici che hanno nel loro programma politico espressioni chiaramente e dichiaratamente xenofobe. Un fenomeno non esclusivamente populista ma che può generare fenomeni violenti e addirittura terroristici, a riprova di ciò basti pensare all'atto compiuto da Anders Behring Breivik. Un fenomeno questo, che si mostrerà ancora più radicale negli anni a venire, in contemporanea con il fenomeno della crisi economica globale che creerà sentimenti di paura nella popolazione e, conseguentemente, la facilità di trovare il capro espiatorio (l'immigrato, lo zingaro, l'escluso sociale...).
Per lottare contro questo stato di follia collettiva uno strumento può essere la cultura, la letteratura e, nel caso specifico, il bel romanzo di Mbacke Gadji, "Kelefa. La prova nel pozzo".
Leggendo questo romanzo infatti, al di là della storia che viene raccontata, si entra in un mondo diverso, il mondo dello "straniero", dell'"immigrato, dal suo punto di vista. Per una volta, dunque, non leggeremo la difesa dell'immigrato da parte dell'illuminato borghese europeo o occidentale ma, più semplicemente e forse più naturalmente, una storia raccontata da un immigrato che attraverso la fabula del racconto ci mostra quel mondo. Un mondo tanto diverso dal nostro, con le sue superstizioni, le sue magie, i suoi riti e i suoi simboli, ma anche con un senso di fratellanza, di solidarietà e di senso comunitario che può forse aiutaci a capirlo e a comprenderlo in maniera migliore.
Il romanzo, scritto con uno stile semplice e asciutto grazie al ricorso continuo e costante al discorso diretto in prima persona (ma mai banale), inizia con una citazione chiaramente autobiografica: il ritorno di Mussa dall'Italia nel suo paese di origine, il Senegal. Qui va a trovare Bakri Ndiaye, il padre di un suo amico immigrato che è stato arrestato in Italia, per spiegargli come mai il figlio non si faceva sentire da anni. A questo punto il padre ha la prima "crisi", il primo momento di conflitto del romanzo, una crisi spirituale e simbolica. Secondo Bakri, infatti, questa "vergogna", per lui e per la sua famiglia, deriva dal non aver seguito l'insegnamento degli antenati, l'aver rinunciato alla corona nel suo villaggio d'origine.
Non so perché, ma dal momento che mio fratello mi ha dato queste informazioni sul nome di Kelefa, vedo il signor Ndaye con un occhio diverso. Penso che se il mondo fosse rimasto come prima, questa persona sarebbe un notabile fra la sua gente. Il suo ruolo era di proteggere il territorio dei suoi antenati nella ricca Casamance, governare il suo popolo e amministrare la vita di tutti in queste terre. Nei giorni di festa e nei momenti che contano, quest'uomo poteva essere la persona più importante di tutta la popolazione presente, l'uomo dal quale dipendeva la vita di una tribù, la sua gioia, la sua ricchezza e i suoi malori. Kelefa uomo-medicina, oggi modesto e insignificante mercante di piante e radici, è un principe.
Decide, così, di far ritorno alla sua terra di origine, insieme proprio a Mussa e alla figlia Banda, personaggio essenziale nel romanzo trasformandolo da "macchiettismo folkloristico" in un vero e proprio documento letterario. Banda, pur essendo sempre vissuta in Senegal, rappresenta infatti la controparte dialettica di Mussa. Come Mussa, pur essendo andato a vivere in Occidente, difende le tradizioni del Senegal e addirittura gli antichi ordini e la Monarchia, Banda vede tutto ciò con occhio distaccato e ironico, come del vecchiume nostalgico da cui liberarsi.
Elemento essenziale questo personaggio, dicevamo, anche perché, contrariamente a ciò che ci si poteva aspettare, è lei e non Mussa a esaltare e difendere i valori occidentali imposti. In altre parole, chi ha vissuto e provato con mano i valori occidentali cerca di recuperare le antiche tradizioni, chi invece ne ha una visione distorta e immaginaria li esalta.
Come dicevamo all'inzio questo romanzo rappresenta, al di là dei riti, dei simboli, e delle magie, un vero e proprio romanzo realistico. Al di là della storia, di cui non sveliamo ai lettori la fine, è proprio il contesto che è essenziale: il contrasto tra i valori tradizionali e moderni e quello tra la comunità senegalese e gli immigrati (di cui Mussa è l'emblema). Elemento particolarmente interessante, questo, poiché come dice Mussa stesso essi si sentono "stranieri due volte", per la loro comunità di origine e per quella attuale. Un senso, insomma, di totale estranietà sociale, la mancanza di una comunità di riferimento.
È questo, a parere di chi scrive, il vero dramma dell'immigrato e che andrebbe risolto con una vera politica di integrazione (e non certo di esclusione che non fa altro che alimentare il problema sociale derivato dalla spoliazione delle risorse da parte dell'Occidente). Ma, evidentemente, questo non è né il tempo né il luogo per parlarne e concludiamo citando la bellissima introduzione che fa Elena Ferro, dell'autore più che del romanzo a dire il vero:
È importante sottolineare lo sforzo che l'autore compie nel raccontare la sua terra con le parole, la grammatica, la sintassi di un'altra lingua, che ha dovuto prima possedere per poi utilizzarla per raccontare, nello scegliere di comunicare direttamente la propria storia alla gente che lo ha accolto e di cui oggi è parte integrante, non come immigrato ma come cittadino. Credo sia un esempio di come ci si possa adattare senza perdere i propri punti di riferimento, di come si possa essere ancora intimamente legato a quella terra pur essendone distante e permeato da una cultura occidentale, quella italiana, con cui necessariamente si confronta e vive
Rodolfo Monacelli
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Mbacke Gadji, 39 anni, senegalese di Nguith, ha lasciato il suo paese nel 1986. Dopo aver abitato in Francia, vive dal 1994 a Milano. Ha collaborato come pubblicista per alcune testate nazionali, dal 1996 al 1998 è stato consigliere circoscrizionale della zona 3 a Milano. Attualmente collabora col Gruppo Solidarietà Come. Tra i suoi libri: "Numbelan: il regno degli animali", "Lo spirito delle sabbie gialle", "Pap, Ngagne, Yatt e gli altri".
Mbacke Gadji, 39 anni, senegalese di Nguith, ha lasciato il suo paese nel 1986. Dopo aver abitato in Francia, vive dal 1994 a Milano. Ha collaborato come pubblicista per alcune testate nazionali, dal 1996 al 1998 è stato consigliere circoscrizionale della zona 3 a Milano. Attualmente collabora col Gruppo Solidarietà Come. Tra i suoi libri: "Numbelan: il regno degli animali", "Lo spirito delle sabbie gialle", "Pap, Ngagne, Yatt e gli altri".